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Ovunque prolifera, la psichedelia.
Che sia Austin o Doganella di Linfa, provincia di Latina, Italia. Perché abbandonare le membra e suonare liberi non ha delimitazioni, geografiche e mentali.
Un nome che rimanda alla gioventù sonica e a Gesù (Lucertola) e un suono che dice di partire dai Velvet Underground violentati dagli Spacemen 3 ma che in effetti ci consegna un semplice omaggio ai nuovi padri putativi del revival psichedelico, quei Black Angels con la quale i nostri hanno condiviso lo scorso anno uno split 10” (nonché il palco con White Hills, Dead Skeletons e Cosmic Dead) che funge da biglietto da visita benaugurante.
Che sia l’inizio di una nuova, sfavillante carriera salendo sulla carrozza di un genere che mai si evolve ma nemmeno si dissolve, è ancora tutto da vedere. Per ora questo bel discone doppio fatto di ben sedici brani non si discosta molto dal suono marziale e ipnotico alla quale gli Angeli Neri ci hanno abituato (provate a sentire la magnetica “Monkey on my Back” con il suo giro di basso e la più sfacciata blueseggiante, nonché bellissima “My Lunacy” sporcata da un bel tamburello) , ma aggiunge, qua e là, tocchi e rintocchi di new wave sinistra (Triumph), synth d’oltretomba (Reich), liquida psichedelia alla Brian Jonestown Massacre (Sweet Suicide) e colonne sonore futuristiche da degrado urbano (“Whore is death”).
Tutto molto bello, tutto molto scuro, tutto molto uguale. Ovvero, quello che ti aspetti corrisponde esattamente a quello che ascolterai. Nella logica di mercato, la migliore cosa ti possa capitare. A noi la droga però, deve fare male.
60/100
Nicola Guerra