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La nuova edizione del Postepay Rock in Roma è iniziata di domenica quest’anno.
Ormai un appuntamento fisso e irrinunciabile per l’estate romana, quest’anno la rassegna coprirà anche settembre con gli ultimi concerti in cartellone.
Un cartellone di nomi internazionali (tra gli altri vedremo sul palco Mumford & Sons, Tame Impala e Interpol) oltre, come sempre, ai nomi italiani di maggior richiamo della stagione.
Primi della kermesse 2015 sono stati gli Alt-J. Onnipresenti in tutti i festival mondiali quest’estate, non potevano saltare la Capitale.
Memore del live visto a Barcellona so già cosa aspettarmi grosso modo, ma l’aria che si respira in Italia è decisamente diversa.
Fa molto più caldo che in Spagna tanto per cominciare, ma soprattutto la tipologia del pubblico è ben diversa.
Quando due anni fa sono venuti a Roma per la prima volta, gli Alt-J hanno suonato al Circolo degli Artisti, che nonostante il sold-out, non poteva andare oltre poche centinaia di spettatori. In prevendita al Postepay Rock in Roma i numeri superavano già diverse migliaia di presenze. Alla fine il pubblico s’è moltiplicato ancor di più e sono d’obbligo delle valutazioni.
Il primo album degli inglesi, An Awesome Wave, ha vinto un’infinità di premi in giro per il mondo, ma non riusciva ancora, parliamo del 2013, a mobilitare folle da festival. Col secondo, This Is All Yours, a detta di tutti gli ascoltatori della prima ora un po’ deludente rispetto al primo, sono arrivati i grandi numeri. In effetti, quando alla fine dell’anno scorso ho sentito alla radio (un network nazionale) “Left hand free” che girava come fosse un remix di Lykke Li, era tangibile che l’”onda” si stava alzando.
Mentre vedo quel mare di gente seguire il mio stesso tragitto fino al palco, mi chiedo quindi, sarà una moda del momento, o li conoscete gli Alt-J, sul serio?
Il primo pezzo “Hunger of the pine” non partecipa alla mia indagine, fa parte del secondo album, appunto, normale che la canticchino quasi tutti.
E fondamentalmente neanche “Fitzpleasure”, presente nella produzione degli Alt-J, fin dalle prime demo, dà risposta al mio dubbio: è comunque tra le loro più conosciute.
Quando attaccano “Something good” però c’è un boato generale, mi stupisco, ma mi consolo. La gente sa quel che fa, per una volta, sanno chi sono venuti a vedere, se pure c’è del fastidioso presenzialismo, stavolta si nasconde bene. E non c’è gente che parlocchia intorno, come sempre capita a qualsiasi tipo di concerto qui a Roma.
Ci sono decine di coppiette che si baciano intorno però, certe quasi limonano, la constatazione più banale che mi viene in mente è: gli Alt-J sono un gruppo da pomicio, qui a Roma.
A Roma perchè posso comunque continuare a fare il paragone con il live degli stessi di un paio di settimane prima al Primavera Sound.
Ma la venue romana, il palco, le luci, i visual alle spalle del gruppo, sono di gran lunga migliori di quelle di Barcellona, l’acustica simile, forse un po’ bassa, e sì, forse la set list del festival iberico mi era piaciuta di più, niente di che, giusto l’ordine delle canzoni, (i set da festival non differiscono poi tanto da data a data), ma loro non sbagliano un colpo.
Nei cori si fondono in maniera perfetta, la batteria crea ambienti rock, pop, jungle senza soluzione di continuità. Le tastiere padrone in certi pezzi, gonfiano l’aria umida della serata.
La gente balla, canta e si bacia.
E intanto io aspetto trepidante la mia canzone preferita: “Breezeblocks”. Banale? Non m’importa.
Il concerto va avanti, si dinapa in maniera equilibrata tra primo e secondo album, escono brevemente prima del bis, e ancora il mio pezzo non è neanche accennato.
“Nara” e “Leaving Nara” quasi fuse pompano in un crescendo che sembra voler chiudere lo show, un concerto che è stato un corteggiamento sonoro tra gli Alt-J e il pubblico.
Poi annunciano: “This is the last song, good night, thank you”.
Inizia “Breezeblocks”. Ma.
Mai una canzone m’è sembrata gettata via come in questo caso. Sebbene il brano l’avrebbe permesso, nessun climax particolare, un semplice compitino portato a casa. Un sei.
Pieno, ma sei.
E, mi spiace, Alt-J. Se corteggiamento doveva essere: ottima cena, meravigliosa compagnia, tanto romanticismo, ma proprio alla fine hai fatto cilecca.
Vabbè capita.
Tanto prima o poi ci rivediamo.
(Elisabetta De Ruvo)