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Nel mezzo di battaglie e occupazioni, dure, coraggiose e giuste prese di posizione nei confronti dei “padroni” e un processo di reinvenzione dell’ormai personalissimo modo di essere cantautore, Cesare Basile arriva al decimo disco e non accenna ad abbassare le armi e tantomeno cuore e “sacro fuoco”.
Il lavoro omonimo del 2013 era quasi del tutto in siciliano e del sud del Mondo era impregnato di febbrile desiderio di rivincita, febbrile senso del viaggio in continuo divenire, affermazione di un’identità ben precisa nel legare tradizioni e comune senso civico.
“Tu Prenditi L’amore Che Vuoi e Non chiederlo Più”, si ritrova ancora figlio di tutto ciò e della matrigna Sicilia, patria allargata a chi è romanticamente sospinto da spirito nomade e non incline al “potere” qualsiasi esso sia. Il disco è stato (e viene) portato in tour con i “Camminanti”, la stessa band con cui è stato registrato e che si era “formata” attorno a Cesare nel 2014: Rodrigo D’erasmo, Enrico Gabrielli, Massimo Ferrarotto, Simona Norato, Luca Recchia e, occasionalmente, Manuel Agnelli.
Le storie di sofferenti ed offesi sono ancora al centro dell’immaginario musicale, mentre è più consapevole e centrata la capacità di gestire canzoni in dialetto siciliano, così come l’alternanza con pezzi in italiano (più vicini al Basile di “Gran Calavera Elettrica”, come nella title-track, o “Hellenquin Song”) dona un senso di maggiore equilibrio e forza al tutto. Il sound si snoda tra folk sporco (“Libertà Mi Fa Schifo Se Alleva Miseria”) e blues ben impolverato ed è sorretto da arrangiamenti capaci di rendersi in breve tempo ricchi (la coda di “Di Quali Notti”) per poi svuotarsi in scheletriche schegge acustiche, mentre sax e pianoforte fanno spesso capolino a donare aspra armonia.
Prosegue fiero il cammino di Cesare quindi, nel gioco feroce che è quello dell’alternarsi della vita e della morte, del caricarsi dell’importanza del senso di appartenenza e farne vanto e ragione di vita globale.
75/10
Giampaolo Cristofaro