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Il Vasto Siren Festival, alla sua seconda edizione, aveva due obbiettivi principali: consolidarsi e migliorare. A ben vedere la due giorni vastese ha confermato quanto di buono il festival organizzato da DNA Concerti ha fatto vedere nella sua finora breve esistenza. E se la grande domanda alla vigilia di questa edizione riguardava il dubbio che il Vasto Siren Festival possa finalmente ambire a seguire le orme dei festival che siamo abituati a vedere in tutta Europa, allora in questo caso la risposta deve essere senza dubbio affermativa. Da non sottovalutare un aspetto importantissimo, ovvero gli ampi margini di miglioramento che una manifestazione così concepita possiede. I prossimi anni saranno rivelatori da questo punto di vista.
Nel mentre noi ci teniamo i piccoli e preziosi fotogrammi che il Vasto Siren Festival è riuscito a regalare anche stavolta. Prima dell’aspetto puramente musicale vale la pena sottolineare come la due giorni si sia integrata piuttosto bene con il centro cittadino (il vero e proprio fiore all’occhiello di Vasto). Situazione nemmeno troppo scontata per l’Italia e con un potenziale futuro molto interessante. La proposta musicale s’è rivelata omogenea pur riuscendo ad accontentare tutti, da chi aveva bisogno di suoni pulsanti ed elettrici a chi invece prediligeva concerti più acustici ed intimi, senza dimenticare una nutrita “sezione” elettronica del cartellone. Ritmi per ora rilassati ma che lasciano al pubblico spesso l’alternativa della scelta tra un palco e l’altro, rendendo anche in questo modo il festival più europeo.
La giornata di venerdì offre numerosi spunti: in una prima parte di giornata in cui la scaletta del palco principale (il Siren Stage) viene in parte scombussolata dal ritardo aereo di Jon Hopkins, già dal pomeriggio arrivano buone vibrazioni dal palco di Porta San Pietro. Iosonouncane conferma dal vivo quanto di buono ha messo in mostra con “DIE” il suo secondo album uscito cinque anni dopo “Macarena su Roma”. L’inizio come su disco è affidato a “Tanca” ipnotico brano che si muove su scosse elettroniche e un miscuglio di suoni avvolgente. Il concerto prosegue incentrato sui nuovi pezzi. In generale sembra che l’artista sardo, da anni a Bologna, sia riuscito a trovare la quadratura del cerchio anche dal vivo: nonostante ci sia solo lui circondato da effetti, pedali e laptop riesce a catturare l’attenzione del pubblico che aumenta sempre di più con il passare dei minuti.
Anche l’attesissima Gazelle Twin risponde sul palco alle attese, più che giustificate. Uno show che cresce notevolmente alla distanza, in cui l’artista, accompagnata solo da un’altra persona che si occupa delle basi, canta con una calzamaglia color carne calata sul viso, che crea un effetto stile manichino. Un nome interessante da tenere d’occhio in futuro per quanto riguarda il panorama electro. Sul palco del Cortile d’Avalos intanto è tutto pronto per l’esibizione dei Sun Kil Moon. Ancora per questa data la band di Mark Kozelek si presenta in formazione allargata con Neil Halsted alla chitarra e Steve Shelley alla seconda batteria. Gli impulsi elettrici del nuovo “Universal Themes” si trasferiscono anche dal vivo e ne viene fuori uno spettacolo coinvolgente, con Kozelek che pare divertirsi più di tutti. C’è tempo anche per assistere a qualche minuto del concerto degli italiani Mamavegas in Porta di San Pietro: anche qui le impressioni sono positive, rafforzate dalla qualità compositiva dei brani dell’ultimo disco “Arvo”.
Arriva il momento degli headliner di giornata, i Verdena, che infiammano il pubblico davanti al Siren Stage. Ormai la band pare aver assimilato anche live i brani di “Endkadenz”, in attesa di quelli che comporranno il secondo volume. Tanto che la scaletta del concerto appare studiata alla perfezione con i pezzi nuovi e quelli di “Wow” che ogni tanto lasciano spazio a delle efficaci sortite nel passato della band affidate a brano come “Valvonauta”, “Muori Delay” e l’accoppiata “Luna” e “Don Calisto”, applauditissima tra i bis. Ora non rimane che attendere Jon Hopkins, che ha recuperato il volo perso nel pomeriggio e il cui live è stato rischedulato per le 2 di notte: il producer inglese sul palco spinge subito sull’acceleratore, incantando il pubblico con i suoi beat ipnotici.
La seconda giornata del festival si apre con due nomi degni di rilievo in Porta di San Pietro. I Mamunthones, progetto creato da Alessio Gastaldello (ex batterista dei Jennifer Gentle), che con la loro psichedelia mescolata a sonorità kraut e drone creano dei tappeti sonori ripetitivi ed ipnotici che piano piano conquistano il pubblico che alle 18 del pomeriggio inizia a riempire le strade del centro di Vasto. La Batteria è un nome che circola dall’anno scorso: l’ensamble romano incarna lo spirito artistico che anima anche i Calibro 35 (il paragone è praticamente inevitabile), con maggiore libertà creativa a giudicare dalla loro esibizione al Siren Festival. In mezzo c’è tempo anche per vedere parte dell’esibizione delle inglesi PINS che però non convincono completamente soprattutto per l’originalità pressoché nulla.
Uno dei momenti clou della serata è rappresentato dal concerto dei Pastels, l’occasione giusta per sentire dal vivo un pezzo di storia della Creation Records ed in generale della musica indipendente britannica. Stephen McRobbie e Katrina Mitchell mostrano i segni del tempo, ma non artisticamente: il concerto della band scozzese è quello che ci si potrebbe più o meno aspettare, con un inizio molto soft e un crescendo nella seconda metà fino allo strepitoso finale affidato a “Million Tears” e “Nothing to Be Done”. Altro clima, ma stesse emozioni, durante i live degli Is Tropical che continuano a mostrare continui ed evidenti segni di crescita nella loro versione live, arricchita dalla presenza della vocalist Kristie Fleck, ormai da quasi un anno componente fisso del gruppo. “Crawl”, tra gli ultimi singoli, acquista maggiore forza dal vivo e per il resto è un’alternarsi dei brani dei primi due dischi della band inglese. Manca “South Pacific” ma sono presenti “The Greeks” e “Dancing Anymore”, cantata da gran parte del pubblico.
James Blake, nella sua unica data in Italia quest’estate, dimostra di aver acquisito ormai una consapevolezza notevole anche dal vivo, accompagnato sul palco da ottimi musicisti. Al suono minimale di alcuni brani in cui si alternano brani, soprattutto nella seconda parte del concerto, in cui viene fuori l’anima più elettronica della musica di Blake. Il Vasto Siren Festival si chiude, lasciando il pubblico con una serie di belle cartoline musicali ed una serie di sensazioni positive e la certezza che la fase di crescita della manifestazione è ben indirizzata ed avviata.
Francesco Melis