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A due anni da “Dreams In The Rat House”, il trio garage di Oakland torna a San Francisco ai Tiny Telephone Studios e, assieme al produttore Sonny Smith (Sonny&the Sunsets) sforna un album uguale agli altri, perdendo qualcosa per strada e raccogliendone altra.
Come molti loro colleghi gli Shannon and the Clams stanno cercando di uscire dalla nicchia dei 60s lovers per aggraziarsi un pubblico piu vasto. Il singolo “Corvette” è un chiaro esempio di compromesso tra il loro classico sound e qualcosa di più moderno. Immancabili i riverberi, gli arpeggi e la nostalgia ma ritmica e cantato sono molto più vicini ad una ballatona-lacrimona pop anni ’80.
Senza fraintendenti però, gli Shannon and the Clams rimangono sempre gli stessi e le tracce d’apertura “I will miss the Jasmine” e “My Man” continuano spirare 1960 da tutti i pori.
Shannon Shaw abbassa i toni e si atteggia a regina del soul (ricordando la buon’anima di Amy Winehouse) nella title track “Gone by down”, ma, a dispetto degli altri album, si mette da parte e lascia piu spazio a Cody Blanchard (chitarre) che coglie l’occasione per singhiozzare e struggersi, protetto da un cuscino di eco e riverberi (vedi la disperata “It’s Too Late” e l’incalzante “Telling Myself”).
Non mancano gli irresistibili giri di tastiere di Nate Mayhem protagonisti in “You Let me Rust” , un po di doo-wop in “The Bog” e in “The Burl”, e (finalmente) distorsioni, stop and go e assoli garage-punk in “Knock’em Dead”.
Con un album ricco di melodie irrestibili e danzereccie, Shannon e compari non si allontano molto dalle aspettative e dal loro sound originale, ma qualcosa è sicuramente cambiato. Che sia una nuova maturazione artistica (e le lyrics profonde sono un punto a favore) o l’alba delle fine per cocktail parties anni 60, questo non si sa. Sicuramente loro stanno tirando la festa più a lungo possibile.
65\100
Tea Campus