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“So che non siamo hippies. Non siamo giovani e non siamo di moda. Ma non abbiamo mai cercato di essere qualcosa di diverso. Non abbiamo mai cercato di ingannare la gente e di far venire fuori che siamo una band punk”
(J.J. Burnel, bassista degli Stranglers, fanzine Gun Rubber, 1977)
Gli Stranglers sono paradossalmente la quintessenza del punk inglese. La cosa incredibile, però, è che J.J. Burnel (basso, voce), Jet Black (batteria), Hugh Cornwell (chitarra, voce), Dave Greenfield (tastiere, voce) non sono interessati al cosiddetto movimento punk inglese, quasi schifati da certi comportamenti, atteggiamenti. Non suonano, infatti, come nessun altro gruppo del 1977 britannico: con l’aria da teppistelli si divertono a provocare il pubblico con testi sarcastici, sprezzanti, sgradevoli; scrivono brani new wave dalle sonorità ruvide e spigolose. Il termine “new wave” è qui da intendersi come “nuova onda”, perché, sì, le canzoni degli Stranglers, musicalmente parlando, presentano una forte componente strutturale grezza, dura ma contengono al proprio interno anche elementi sonori che vanno oltre questa base asciutta: l’organo ipnotico e vorticoso di Dave Greenfield tratteggia sfumature psichedeliche, conturbanti ed il basso martellante di J.J. Burnel , vero tratto distintivo della band, costituisce il groove profondo e tagliente di ogni pezzo.
“No More Heroes” (settembre 1977), singolo estratto dal secondo album del gruppo, è però una sorta di inno punk involontario: gli Stranglers, nell’essere se stessi, alla fine incarnano ciò che lo spirito punk dovrebbe essere. Il brano ha due significati che non si escludono a vicenda: da un lato il “non ci sono più eroi” del titolo sottolinea la mancanza nel panorama contemporaneo di persone esemplari – fuori dal comune e forse anche un po’ anti-eroi – e dall’altro evidenzia quanto sia importante la capacità di essere eroi di se stessi (“Quando ‘No more heroes’ è uscita, ci rifiutavamo di firmare autografi, perché dicevamo ‘non avere eroi, sii tu stesso il tuo eroe’ “, Hugh Cornwell*) .
Nella canzone vengono citate alcune personalità che, appunto, non possono essere definite eroiche ma sono senz’altro figure controcorrente: Leon Trotsky, Lenny Bruce, Elmyr de Hory, Sancho Panza.
“Whatever happened to Leon Trotsky?
He got an ice pick
That made his ears burn
Whatever happened to dear old Lenny?
The great Elmyra,
And Sancho Panza?
Whatever happened to the heroes?
Whatever happened to the heroes?”
“Cos’è successo a Leon Trotsky?
Ha ricevuto (in testa) una piccozza per il ghiaccio
che ha fatto bruciare le sue orecchie
Cos’è successo al caro vecchio Lenny?
al grande Elmyra,
a Sancho Panza?
Cos’è successo agli eroi?
Cos’è successo agli eroi?”
Hugh Cornwell, autore del testo, è affascinato dal personaggio di Leon Trotsky, non tanto dalle idee dell’uomo, quanto piuttosto dai risultati pratici ottenuti dal rivoluzionario russo. Passione, quella per il politico sovietico, che ritorna più volte: “Big Bug”, pubblicata due anni dopo in “Nosferatu” (1979, disco solista del musicista), è dedicata al suo treno blindato, armato con torrette e predisposto per fare il giro intorno ai confini della Russia. Addirittura durante il tour americano della band nell’agosto 1977 Cornwell, quando si trova a Los Angeles, prende l’aereo direzione Città del Messico per visitare la casa di Trotsky . Il chitarrista inglese ammira l’umiltà e il senso pratico del commissario dell’Unione Sovietica :“Ero affascinato da Trotsky. Entrò a far parte della Rivoluzione Russa senza avere esperienza ma era molto adattabile e poteva svolgere qualsiasi compito. Ebbe un ruolo umile nel Soviet fino a quando i comunisti non presero il potere. Realizzarono subito che dovevano contenere le rivolte […]. Nessuno nel consiglio voleva fare il Ministro della Guerra ma Trosky disse, “Lo farò io”, sebbene non avesse esperienza, fece un lavoro sorprendente. ” * . Non è solo Trotsky, però, ad attrarre l’immaginario da anti-eroe di Cornwell: come detto in precedenza, nel brano compare anche il nome di Lenny Bruce, comico, cabarettista, autore teatrale satirico statunitense, valutato positivamente dal chitarrista inglese, che lo definisce come “un comico di improvvisazione che ha azzardato molto e creato un stile comico interamente alternativo” *, nonostante “le persone dicessero che era un tossicodipendente, un inetto” *. Ma il personaggio più singolare menzionato nel brano è sicuramente quello di Elmyr de Hory: pittore e falsario ungherese (la cui vita è descritta in parte nel film di Orson Welles, “F come falso”, 1974). Cornwell ne stima l’abilità a non farsi scoprire nell’arte di imitare. Dopo la morte di De Hory è stato calcolato, infatti, che il trenta per cento dei Giacometti presenti nei musei fossero falsi ad opera del contraffattore. Sancho Panza, invece, citato sempre nella seconda strofa, è un forse l’unico eroe tradizionale presente nella canzone: un personaggio che salva sempre Don Chisciotte.
*citazioni di Hugh Cornwell tratte da “The Stranglers: Song by Song 1974-1990” di Hugh Cornwell, Jim Drury.
(Monica Mazzoli)