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“Ti ho fatto un regalo…so che ti piacciono i Radiohead, quindi spero ti piaccia“.
Guardo la copertina del disco e vedo quelle che sembrano delle montagne innevate, abbastanza spigolose. Ho per le mani “Kid A”, un disco dei Radiohead, che in realtà prima di questo regalo non conoscevo quasi per niente. Mi limitavo, come la maggioranza degli ascoltatori, ad apprezzare i loro pezzi più famosi: “Creep”, “Idioteque”… avevo scoperto, per caso, anche “2+2=5”.
Insomma, decido di ascoltare il disco. Ho 16 anni e a parte gli Arctic Monkeys e qualche altro gruppo simile, i miei ascolti sono tutti lì. “Kid A” mi sembra un disco troppo strano, troppo incasinato per i miei standard, con i lamenti di Thom Yorke che inquietano e mi fanno provare delle emozioni che non avrei mai assegnato alla musica: paura, angoscia, ma anche incertezza. Nonostante questo, riesco in qualche modo ad apprezzarlo.
Qualche tempo dopo, in una giornata qualunque, sento la testa pesante, forse per il troppo studio. Non ho mai sofferto particolarmente il mal di testa, anzi, sono quasi immune da questa condizione particolare. In rari casi, dovuti allo stress o ad una giornata passata davanti al computer, verso sera non riesco a ragionare. Quella sera in particolare, di cinque anni fa ormai, scelsi di fare una doccia bollente ed ascoltare, nello stereo, Kid A. Scelta totalmente casuale, dettata dal fatto che gli altri dischi li avevo consumati abbastanza da esserne quasi nauseato.
Subito dopo, il miracolo: “Everything in its Right Place” aveva rotto i blocchi alla testa, “Kid A” mi aveva rigenerato e “The National Anthem” mi aveva ridato la sveglia. Solo tre pezzi e già mi sentivo meglio. Forse è stato anche merito della doccia, ma da quel momento in poi “Kid A” è rimasto ed è tutt’ora tra i miei ascolti preferiti. Soprattutto quando ho, ancora oggi, il mal di testa.
(Matteo Bordone)
9 maggio 2016