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Se si leggono le ultime interviste che hanno rilasciato Jean-Benoit Dunckel degli Air e Barði Jóhannsson del progetto Gang Bang, che insieme sono appunto gli Starwalker, parrebbe che il lavoro in questo debut album sia stato fatto al 50% da parte di entrambi. A parere di chi scrive, invece, vi è una netta preponderanza dello stile e del tocco di Jean-Benoit Dunckel: gli arpeggi di pianoforte, la nota di violino fissa sempre in lontananza a riempire lo sfondo, l’uso smodato del vocoder. Tutti elementi (ma si potrebbe continuare) che abbiamo imparato a conoscere (e ad amare) negli Air e che Dunckel ha utilizzato in maniera massiccia anche nel progetto solista Darkel. Evidentemente ciò dimostra una sua capacità estrema di essere coerente con il suo universo sonoro in qualsiasi situazione si trovi coinvolto, e per gli ascoltatori è una garanzia di quello che poi vanno a ritrovare nei suoi lavori, sia che escano a marchio Air, Darkel o, appunto, come Starwalker.
Fatta questa inevitabile premessa il focus di una recensione di “Starwalker” non può che essere la valutazione della qualità dei pezzi, e la capacità dell’album di inserirsi a pieno titolo in questo 2016. Circa il primo aspetto la luce è sicuramente verde: i toni delle canzoni passano dalla luce al buio con innata naturalezza e l’ascolto è piacevolissimo. Ci sono i coretti dei bambini di “Holidays” che mettono subito di buonumore, ci sono i Moog filtrati e le chitarre acustiche effettate di “Bad Weather” che fanno molto Air (meravigliosa song), l’atmosfera cinematografica “à la Gainsbourg” de “Le President”, gli echi del periodo “10 000 Hz Legend” in “Radio” e “Everybody’s Got Their Own Way”. Insomma, una festa per le orecchie (sempre che vi piaccia il french touch).
La seconda questione invece è mal posta: non si può chiedere a Dunckel di essere al passo con i tempi e di offrirci un disco con sonorità attuali. Il tastierista degli Air probabilmente utilizzerebbe questi suoni anche nel 2077. In lui si fondono pienamente le sonorità dei primi synth anni ’80, la magnificenza delle tastierone degli Anni ’80 e il fascino del vintage dai toni oscuri che tanto lui stesso ha contribuito ad affermare, con gli Air, nel passaggio tra i ’90 e gli anni 2000.
“Starwalker” è come un nuovo album degli Air senza esserlo. Uno di quelli belli, non il capolavoro “Moon Safari”, ma di quelli che tieni per un bel po’ di tempo nel lettore. Dunque, sapete già cosa aspettarvi.
73/100
(Paolo Bardelli)