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Arriviamo a Duburys Lake nel cuore della notte, dopo una traversata interminabile tra i boschi e le vallate che separano Vilnius da questa isola incontaminata al confine con la Lettonia. Nonostante la nebbia notturna e il GPS impazzito, voltiamo per una strada sterrata e finalmente un susseguirsi di lucine nel bosco ci porta all’ingresso: XIX Menuo Judaragis, eccoci!
Il risveglio ci vede tranquillamente appostati nel VIP Parking, si dorme in macchina, circondati dallo staff ancora nel vivo dell’allestimento, la location però ci affascina fin da subito. Boschi e prati con querce secolari, rimanda direttamente ai tempi che furono di queste popolazioni antiche e pagane, tutto è assolutamente studiato nel pieno rispetto dell’ambiente: strutture ecosostenibili, angoli per il riciclo, si fa il bagno direttamente nel lago… è quasi divertente vedere veri e propri vichinghi così attenti verso tutto ciò che li circonda. L’intreccio di culture è vario: polacchi, lituani, lettoni, non manca una presenza anche dell’Europa occidentale seppur minimale con qualche tedesco, inglese e …. noi! Gli stili dominanti dei partecipanti sono principalmente due, dagli hippies anni ’60 ai metallari più rudi, con un intercalare alla Bauhaus che sta andando molto di moda in questo lato d’Europa. Possiamo definirla, a pieno titolo, una Woodstock contemporanea.
Guardiamo la scaletta e decidiamo di iniziare con il palco principale, il primo gruppo che troviamo sono i Pievos, band folk dai suoni piuttosto tradizionali, alquanto nota al pubblico lituano di tutte le età. I Pievos sono due chitarre acustiche e percussioni, ballate melodiche, un folk piuttosto diverso da quello gaelico, molto più legato alla narrazione e inevitabilmente caratterizzato dal suono bizzarro della lingua lituana. Poco dopo però, entriamo nel cuore del Festival con la prima rivelazione della giornata, una band spagnola di Madrid, gli unici presenti in scaletta, i Keltika Hispanna. Lo spettacolo è pazzesco, luci basse e ingresso sul palco con maschere celtiche che, ad impatto visivo, richiamano moltissimo i Mamuthones sardi. Portano sul palco strumenti tradizionali, percussioni di varia natura e dimensione, campanelle, corni, una cetra elettrica, flauto e chitarra acustica. L’impatto su un inizialmente diffidente pubblico lituano è forte, il tamburo detta letteralmente il ritmo di marcia, la gente si avvicina come ipnotizzata e poi è solo adorazione. I Keltika Hispanna riescono a trasmettere una vera e propria energia di orgoglio celtico, il tocco dei tamburi risuona nello stomaco, flauto e chitarra accompagnano il tono di voce profondo, cupo e ancestrale del cantante che ci trascina in un mondo di leggende dell’era più antica di Spagna con El Hierro e Terror Romanorum . Il pubblico omaggia la band che si congeda con spettacolarità giocando con un suono sempre più metal fino ad arrivare alla distruzione di alcune percussioni.
Ipnotizzati ed entusiasti per lo spettacolo appena visto, restiamo incollati davanti al palco, il cambio strumenti è rapidissimo, un mixer, una postazione dj ed ecco che inizia, in perfetto orario sulla tabella di marcia, OBSRR. Ci rendiamo subito conto di averlo notato nel pomeriggio per lo stile inconfondibilmente Bauhaus, un ragazzo piuttosto giovane, che sostituisce immediatamente l’immagine mitologica dei Keltika Hispanna con un Dj set che sapientemente gestisce un remix di suoni electro, industrial e Bauhaus intercalati da basi di suoni meccanici pre registrati.
Questa è la seconda caratteristica che ci colpisce, la scaletta è assolutamente imprevedibile, sullo stesso palco si alternano uno dopo l’altro artisti dalla matrice totalmente diversa ma è il pieno spirito da MJR: proporre ispirazioni nuove dove la musica possa reinventarsi e coinvolgere un pubblico sempre più ampio ma mai scontato. Tutto questo si incarna nella seconda rivelazione del festival, Tatato Projektas. Un collettivo di artisti, che sale sul main stage, fiati, un coro polifonico femminile, tastiera e dj per il remix dei suoni elettronici, una lavagna luminosa che proietta sullo sfondo del palco delle composizioni di forme e colori, realizzate da un’artista che improvvisa, sul flusso musicale un ready-made (cit. Moholy-Nagy) in technicolor. Le immagini sono conturbanti, lo spettacolo visivo si permea di un’atmosfera “da laboratorio”, mentre il coro come un mantra detta il ritmo e ci trascina in una dimensione quasi sacrale, sullo schermo l’artista “gioca” con vetrini da laboratorio, inserendo forme di colore, sembra così che sacralità e scienza si fondano e le nostre reazioni siano istantaneamente tradotte dalla musica che ci trascina lungo la fine di ogni traccia. Il risultato è penetrante, siamo di nuovo letteralmente trasportati da un flusso di polifonia e ambient -jazz elettronico, non si può non elogiare la capacità di questo collettivo. E’ psichedelia pura ma non ridondante, è un’idea tanto geniale quanto attuale, davvero sorprendente e cattura la folla del main stage. Ancora una volta gli autori di questa performance sono tutti piuttosto giovani, la scena musicale lituana davvero lavora verso una nuova apertura, il rinnovamento è continuo e meritatamente, di successo!
Le ultime due esibizioni sono i Romowe Rikoito, prussiani, una band dall’impatto consistente i cui frontmen sono due voci indie accompagnate dal suono incessante e costante di due tamburi tradizionali, seguiti dai Korys, ultimi in line up, band country lituana che riesce a catturare l’entusiasmo degli ultimi spettatori con la sua vivacità.
Ormai alle 03.00 di notte, ci addentriamo nel bosco dove ad attendere gli ultimi sopravvissuti c’è un tepee con ambient dj set… soddisfatti e pieni di ispirazione torniamo al nostro fedele mezzo, ne vale la pena, e domani…. occhi puntati su Sheep got Waxed, Zalvarinis, gli italiani Alio Die e … Laibach!
(Serena Cantoni, Marco Quaresima)