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Se ci si aspettava una risposta in fatto di numeri e di pubblico dal Vasto Siren Festival di quest’anno, ecco sicuramente c’è stata. Il numero degli abbonamenti e dei biglietti giornalieri venduti è nettamente aumentato rispetto alle prime due edizioni. Segno che in passato sono stati compiuti i passi giusti e ora se ne raccolgono, giustamente, i frutti.
Quello che ha colpito positivamente è stato anche osservare come una fetta sostanziosa del pubblico fosse lì non tanto per i singoli nomi in cartellone, ma soprattutto per l’evento. Insomma, una dimensione sicuramente più vicina a quelle di alcuni festival europei. Poi certo, se il venerdì si è arrivati a un sold out è anche merito del richiamo che possono aver esercitato gli Editors, band ormai giunta al suo punto di maturità più alto. Ma fare un elenco sterile di quello che è accaduto sui tre palchi principali (ai quali si sono aggiunti quello dei Giardini D’Avalos per due live acustici, il palchetto in spiaggia per i dj set in tarda nottata e il nuovo e suggestivo Vertical Stage) non renderebbe giustizia all’atmosfera generale del weekend del Siren. Il festival è riuscito a consacrare quest’anno la formula buona musica/location suggestiva a cui si aggiunge l’attenzione verso il pubblico anche dal punto di vista gastronomico, con un’ottima varietà di scelta.
I due giorni sono stati impreziositi da momenti memorabili a iniziare da uno dei mattatori del venerdì e probabilmente dell’intero festival. Cosmo è riuscito a incendiare il secondo palco (termine solo indicativo visto che gli artisti suonavano a terra) di Porta San Pietro. Grazie anche alla grande partecipazione di pubblico il musicista di Ivrea si è esibito in quello che lui stesso ha definito “il migliore concerto del tour”, con i tanti brani de “L’Ultima Festa” che dal vivo acquistano maggiore forza, a iniziare dalla title track, che ha riempito un caotico finale con tanto di invasione di palco. Nella stessa giornata si è potuto apprezzare la grande dimestichezza degli Editors sul palco in Piazza del Popolo, con una scaletta orientata sugli ultimi due lavori “In Dream” e “The Weight of Your Love”, impreziosita però da graditi tuffi nel passato come “Munich”, “Bones” e “Smokers Outside the Hospital Doors”.
Notevole anche le esibizioni, anche se a orario insolito per l’elettronica (tardo pomeriggio), di Yakamoto Kotzuga e Nosaj Thing. Soprattutto l’artista italiano pare migliorare di concerto in concerto. I madrileni The Parrots si sono rivelati una piacevole sorpresa, seppur il loro garage rock leggero e scanzonato sia quanto più di derivativo si possa sentire in quell’ambito, con riferimenti ben chiari come i Black Lips più recenti.
La giornata di sabato ha collezionato altrettanti momenti memorabili, nonostante l’annullamento del set di Gold Panda, previsto nel Cortile D’Avalos. Non tradisce le attese il live dei Notwist, che in un’ottantina di minuti hanno condensato uno dei loro dischi più famosi e apprezzati, “The Neon Golden”, oltre a qualche brani di produzione più recente. Esecuzione impeccabile e ricca di bei momenti. Altrettanto esaltante è stata l’esibizione di Thurston Moore e del suo gruppo: l’ex Sonic Youth ha voluto concentrarsi solo ed unicamente sul suo repertorio solista, che però ha trovato sul palco una veste molto più aggressiva e roboante che non su disco. His Clancyness ha presentato in Porta San Pietro diversi brani del nuovo disco in uscita in autunno, incluso il singolo “Pale Fear”. L’impressione è incoraggiante, anche se poi i brividi arrivano con “Machines” dal precedente “Vicious”. Sullo stesso palco, qualche ora dopo, Francesco Motta convince con un set molto più energico rispetto al suo primo disco solista, “La Fine dei Vent’anni”, quasi a voler certificare le origini musicali del cantante con i suoi Criminal Jokers. Poco dopo, il Cortile d’Avalos viene investito dal roboante set di Powell, un misto di techno e altro, con sonorità acide e ritmi claustrofobici. Più rilassato invece il set di Rodion, electro rock lineare anche se dai suoni raffinati.
È possibile un festival a livello europeo in Italia? A giudicare da questi due giorni pare di sì: si lascia Vasto con la sensazione che la strada intrapresa tre anni fa dagli organizzatori sia quella giusta e si possa sperare in ulteriori progressi futuri.
(Francesco Melis)