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Siamo stati tra i primi a parlarne, dei Temples. Sperticandoci in lodi. Non capita tutti i giorni di scontrarsi con una band del genere, soprattutto in un periodo (che dura da un bel po’) in cui il britpop arranca, e anche alla grande.
Il nuovo singolo dei Temples era perciò atteso qui in casa Kalporz… e quindi, com’è? Innanzitutto l’evoluzione è sintetica: un po’ come hanno fatto i Tame Impala nell’ultimo “Currents”, l’intenzione è riportare gli Anni ’60 negli Eighties. Il basso tra il fuzz e l’analogico-moog marca il suono come se fossimo nel 1983, il riff iniziale però è talmente stucchevole da sembrare una roba tra una musica da autoscontri bosniaco e i Jethro Tull in acido a cui hanno affidato delle tastierine. Insomma, lì non ci siamo.
Però – se si tralascia questo riff agghiacciante – la canzone è bella, purtroppo personalmente devo ripetere quanto ho scritto per i Tame Impala: ragazzi, gli anni ’80 lasciateli là dove erano, non sono questi, qui siamo solo allo scimmiottamento in salsa “Stranger Things” (la serie tv è bellissima, anche la colonna sonora, però siamo davvero dalle parti degli Anni Ottanta in cartolina, quelli per cliché).
Attendiamo il tutto, ancora molto fiduciosi anche se un po’ rassegnati che questo sia il suono (de relato) di questi anni (l’album è atteso per i primi mesi del 2017, su Heavenly Recordings).
(Paolo Bardelli)