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“Isolation Culture” è stata quasi una sfida per His Clancyness. Perché “Vicious” tre anni fa rappresentò un momento di altissima qualità compositiva, che pareva quasi a un livello impareggiabile. Con questo nuovo lavoro Jonathan Clancy, accompagnato come da tradizione da Giulia Mazza, Jacopo Boratto ai quali si aggiunge Nico Pasquini, riesce nell’impresa di eguagliare la stessa freschezza espressa in precedenza, forse con uno stile anche più vario a livello sonoro.
Pubblicato da Maple Death Records (label fondata dallo stesso Clancy) e Tannen Records, “Isolation Culture” incasella dodici nuovi brani, tra i quali si alternano brani più lenti e riflessivi ad impennate sonore dirette ed efficaci, che nel loro complesso si avvicinano alla perfezione. Siamo di fronte (com’era successo anche con “Vicious”) ad un prodotto che potrebbe competere senza timori con dischi internazionali.
In mezzo, i suoni che avevano caratterizzato le produzioni passate della band si mescolano con nuovi elementi, come in “Uranium”, che apre il disco: un crescendo pervaso da un accenno di psichedelia pop. Di seguito arrivano dei momenti che fanno stropicciare gli occhi per qualità compositiva. “Watch me fall”, lenta ed avvolgente (una nuova “Gold Diggers”?), il singolo “Pale Fear, con il suo andamento sghembo, o la new wave incalzante di Xerox Mode sono solo alcuni dei momenti memorabili di questo lavoro.
Anzi “Isolation Culture” si apprezza sempre di più nella sua interezza, con una crescita che procede spedita ascolto dopo ascolto. Una conferma decisa, sempre che ne servisse una.
85/100
(Francesco Melis