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Il tramonto del decennio lo si può avvertire già dal 1988. Un anno che si annuncia come l’inizio di tanti cambiamenti. Con la fine della guerra fredda alle porte, il 1988 rappresenta un momento di svolta sotto tanti aspetti diversi.
È sicuramente una fase cruciale anche per i R.E.M., band di Athens che ha costruito mattone dopo mattone, disco dopo disco, la sua fama nell’America musicale alternativa. L’ottimo “Life rich Peageant” di due anni prima fa da preludio a quello che sarà a tutti gli effetti il primo lavoro del quartetto inciso per una major. Micheal Stipe, Peter Buck, Mike Mills e Bill Berry firmano infatti per la Warner Bros.
Nessun stravolgimento radicale, in fondo. “Green” non cambia di una virgola quella che è la cifra stilistica della band, rafforzandone invece la capacità compositiva. Assieme a singoli come “Stand” e “Pop song ’89”, che vantano melodie ad effetto immediato, il disco riesce ad ottimizzare ogni suo singolo momento. Siamo di fronte a un ingranaggio perfetto, dove funziona praticamente tutto: da quattro brani in cui per la prima volta Peter Buck introduce il mandolino nell’universo musicale della band (memorabile la ballata “You’re Everything”), fino a “Orange Crush” e “World Leader Pretend”, pezzo dichiaratamente contro Regan. Completano il quadro dell’album “Get Up” e “Stand”, due dei momenti clou del successivo tour promozionale, con cui i R.E.M. iniziano ad essere considerati tra i nomi forti del panorama mondiale.
Un momento di passaggio appunto: la consacrazione definitiva anche a livello di pubblico arriverà un paio d’anni dopo.
85/100
(Francesco Melis)