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Doveva essere uno dei dischi più attesi di inizio anno, ma il capitolo tre della saga Run The Jewels è stato messo online alla vigilia di Natale. Troppo tardi per sabotare le classifiche di fine anno. Ma la sostanza non cambia. Run The Jewels 3 è il terzo regalo di due maestri, entrambi classe 1975, che dopo un’onorata carriera e il primo album a nome Run The Jewels dell’estate 2013 ci hanno preso gusto, conquistando, anche grazie ai loro live devastanti, lo scettro in una scena hip hop che ormai raccoglie consensi traversali, anche tra i seguaci più casuali del genere. Niente di cui stupirsi, quando al fianco di un MC potente e creativo nella ricerca delle parole, c’è uno dei miglior rapper e producer contemporanei. Jaime Meline, aka El-P, dai tempi dei Company Flow non ha praticamente mai sbagliato un colpo, seguendo un percorso del tutto personale che non ha mai badato troppo alle sonorità più in voga. E tuttora, nonostante la magnifica alchimia che si è creata tra lui e Michael Render aka Killer Mike, è soprattutto grazie ai suoi beat e alle sue mitragliate che Run The Jewels è diventata una delle cose migliori del momento. Il loro progetto rappresenta, per i nostri tempi, ciò che poteva rappresentare il cantautorato classico in altre stagioni musicali. Raccontare la realtà senza filtri, con un sound attuale, contemporaneo, e al tempo stesso accattivante anche per gli ascoltatori meno abituati a certe suggestioni.
Tre singoli avevano anticipato questo nuovo album lasciando degli ottimi auspici: “Talk To Me”, “2100” e “Legend Has It” e l’interlocutoria “Down” in apertura, mette subito in chiaro, ancora una volta, l’insuperabile impatto del duo. Non mancano ovviamente dei guest a impreziosire l’epica urbana di RTJ3: Danny Brown in “Hey Kids (Bumaye)”, Zack de la Rocha dei Rage Against The Machine nell’assedio finale di “A Report to the Shareholders / Kill Your Masters”, e poi ancora la nuova stella del rap di Miami Trina, Tunde Adebimpe dei TV On The Radio, il nuovo guru del jazz per le masse Kamasi Washington e Joi Gilliam. Tutto si inserisce alla perfezione tra le bar infuocate della strana coppia del rap moderno.
L’album è fatto di riflessioni avvelenate su un’America straziata e divisa da contraddizioni sempre più intollerabili, è fatto di presagi distopici su una possibile stretta autoritaria in vista delle elezioni poi vinte da Donald Trump. Lo stesso Killer Mike si è schierato fermamente al fianco di Bernie Sanders non considerando Hillary Clinton la migliore candidata possibile ed è stato tra gli artisti che prima di altri avevano messo in guardia il popolo americano sulla probabile vittoria repubblicana. Non mancano inviti alla rivolta e all’emancipazione nel senso più autentico del termine, né possono mancare toni e riferimenti legati all’immaginario gangsta evocato a partire dal loro nome, preso in prestito in realtà da “Cheesy Rat Blues” del rapper icona del Queens, LL Cool J.
Una delle aree che ha scritto la storia dell’hip hop, la Brooklyn di El-P, e uno degli epicentri più caldi della scena hip hop del South, la Atlanta di Killer Mike, uniscono le forze per smuovere le coscienze in “Stay Gold” e in “Panther Like a Panther (Miracle Mix)”. Non mancano momenti più riflessivi e classic, da “Everybody Stay Calm” a “Thieves! (Screamed The Ghost)” passando a “Thursday In The Danger Room” nel fiume in piena inarrestabile di Run The Jewels 3. E’ un rap che guarda al presente senza ignorare le lezioni dei maestri che non risulta mai vecchio e stucchevole, nemmeno nei momenti più verbosi.
Dopo la rabbia cruda dei primi due capitoli di Run The Jewels, in questo terzo lavoro ultimato all’inizio della scorsa estate, nei messaggi e nelle sentenze sputate senza mezzi termini dai due emerge un’autocoscienza più matura, un messaggio di unione e speranza che può aiutare a superare lo shock dell’era Trump sempre più vicina in vista della cerimonia di insediamento del 20 gennaio.
Ma El-P e Killer Mike non si arrendono: “I heard the revolution coming, you should spread the news”.
87/100
(Piero Merola)