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Con la pubblicazione di “Endless”, i pesaresi Soviet Soviet hanno aggiunto un altro capito alla loro personale discografia, che li vede in costante crescita di notorietà non solo in Italia, ma anche all’estero. Ecco l’intervista che hanno rilasciato per Kalporz.
La novità in casa Soviet Soviet è senza dubbio “Endless”, pubblicato qualche settimana fa. Potete dirci di più su questo nuovo disco?
È il nostro secondo album che esce a distanza di quasi 3 anni dal precedente. Questo lasso di tempo, oltre che per le tante date fatte, anche perché ha avuto un processo creativo molto più lungo rispetto a “Fate”. Ci siamo presi tutto il tempo necessario per lavorare sui nuovi pezzi, per pensare agli arrangiamenti e ai suoni che volevamo. Abbiamo registrato l’album in due sessioni differenti includendo all’ultimo anche un pezzo che poi è andato a chiudere l’album “Blend”. Per la prima volta abbiamo usato anche delle basi elettroniche scaturite dalla dalla collaborazione con l’artista “Yppah” di Long Beach. Quindi è sicuramente un lavoro che riparte da “Fate” ma trova una sua strada personale e originale.
Nonostante si rimanga sullo stile classico dei Soviet Soviet, si nota in alcuni brani un sound leggermente più arioso. E’ un qualcosa che è venuto fuori man mano che nascevano i nuovi brani o avevate già quell’idea in testa?
Come tutti i nostri pezzi, la creazione è venuta in maniera istintiva e naturale. Abbiamo lavorato sulla resa, sull’arrangiamento e sui suoni ma diciamo che il punto di partenza è sempre quello. Poteva capitare che durante un soundcheck venisse fuori un giro di basso o chitarra che ci piaceva, oppure durante le prove qualcuno di noi faceva un riff che ci prendeva immediatamente.
https://www.youtube.com/watch?v=Be0BoFc8Y8s
In che modo vi sentite cambiati rispetto all’ep d’esordio?
Siamo cambiati moltissimo rispetto i primi lavori. Siamo cambiati umanamente e anche artisticamente. Abbiamo fatto numerosi tour, tantissime esperienze e di conseguenza anche la nostra musica è cambiata. All’inizio davamo poca importanza alla scrittura dei testi, cosa che ora è importantissima. I nostri suoni sono cambiati e il nostro modo di fare musica è cambiato con noi.
Mi pare che anche in “Endless” si sia cercato di riportare su disco l’impatto devastante che avete dal vivo. Quanto è importante nell’economia dell’album questo aspetto?
Abbiamo sempre cercato di “legare” questi due aspetti. Quando registriamo cerchiamo di riportare i suoni che poi faremo dal vivo. Non ci piace l’idea di fare un album che poi non riusciamo a riproporre fedelmente in chiave live. È un’impostazione e un modo di pensare che abbiamo avuto fin dalla prima registrazione anni fa.
Avete suonato molto all’estero e sono previste date in futuro. Quale concerto ricordate con maggiore piacere e quale di quelli futuri attendete con più impazienza?
Ci sono tantissimi concerti che ricordiamo con piacere. Forse tra i più belli potrei citarti il primo live fuori i confini. Eravamo a Nizza ed aprivamo i “Frank Just Frank” (coi quali poi abbiamo fatto uno split in vinile). Era la nostra prima esperienza fuori Italia ed il concerto è stato stupendo. Centinaia di persone che ballavano e che cantavano i nostri pezzi. Il pubblico era eterogeneo, si passava dal ragazzino di quindici anni al signore in giacca e cravatta. Fu una bellissima esperienza.
Per quanto riguarda i concerti futuri…non saprei dirti, ogni concerto è atteso con impazienza perché è un occasione per conoscere nuove persone, vedere nuove città e suonare davanti ad un pubblico diverso.
(Francesco Melis)