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Seconda data in suolo italico per il Pop Group capitanato dall’istrionico Mark Stewart. Accanto a lui c’è l’altro cervello e membro storico Gareth Sager, diviso tra chitarra, sax e organo; due giovani musicisti alla batteria e basso suppliscono all’inesperienza nella band con grande bravura tecnica, completando il quartetto sul palco. Il pubblico ravennate è pieno di aspettative e va in broddo di giuggiole già con la prima canzone, perfetto biglietto da visita e capolavoro del post-punk qual è “Thief Of Fire”. Seguono brani estratti dai dischi della reunion, “Citizen Zombie” del 2015 (la cui title track sembra fare il verso a “Freedom” dei Rage Against The Machine) e l’ultimo “Honeymoon On Mars”: l’anarchia espressiva degli esordi viene riordinata ai giorni nostri, dove i nemici del gruppo sono divenuti Donald Trump e il nuovo incubo capitalista, nonchè la plastificazione in atto nell’industria musicale – tra “Shadow Child” e la classica “Words Disobey Me” Stewart confessa una geniale idea che gli è venuta per il titolo del prossimo album, “The Pop Group One Direction”.
La forza del Pop Group è ancora nel carisma di un leader forse appesantito ma letale e tarantolato nei suoi proclami, che martirizza il microfono recitando versi drammatici dal suo leggìo. La chiave è il messaggio, come da noi scritto a presentazione del tour italiano. Che si fonde alle sonorità innovative gonfie di dub e funk concepite ai tempi di “Y” – “We Are Time” non smarrirà mai la sua vena di attualità con uno sguardo al futuro – e alle robuste impennate no wave appartenute ad inizio millennio ai californiani Liars e ai newyorkesi LCD Soundsystem, ed ora tornate nelle mani dei veterani classe ’60 di Bristol. Pietre miliari come “We Are All Prostitutes” e “She Is Beyond Good And Evil” hanno gettato i semi della rivoluzione e al contempo abbattuto le barriere del rock a loro anteriore permettendo l’emersione di nuove scene, chiedere lumi a Nick Cave e Einsturzende Neubaten per citare solo alcuni degli artisti debitori di Mark Stewart e soci.
Non ci si accorge nemmeno a fine concerto che sono passati poco più di sessanta minuti, tanta la qualità e i contenuti in questo “pugno” di quattordici pezzi suonati ad alti giri, con la stessa rabbia ed immedesimazione degli anni migliori.
La setlist del live al Bronson del Pop Group:
(Matteo Maioli)