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Sulla scia del derivativismo degli Ought, la sua band, Tim Darcy confeziona il suo primo disco solista. Un lavoro che fin dai primi ascolti cattura l’attenzione, sia per la scelta di una virata più melodica rispetto alle produzioni della band di appartenenza, sia per come viva nel solco di alcuni grandi protagonisti della storia del songwriting americano, sia per come riesca a dare una viva, forte, metaforica interpretazione del tempo che viviamo, ora e qui.
È come se Darcy, in parte libero dalle costruzioni decostruite degli Ought, abbia dato sfogo, vigore e vivacità ad quel suo personale immaginario musicale che fino ad ora riuscivamo di nascosto a scorgere, qua e là, in mezzo alle canzoni della band, e lo utilizzi per scrivere libere interpretazioni sul mondo che lo circonda.
In questo senso “Saturday Night” è un disco che rimane comunque molto legato alla band di cui Darcy fa parte – anche lì i riferimenti politici esistevano, e forse più palesi – ma allo stesso tempo è un disco che non poteva che essere che solista. Dentro ci si sente gli Ought, ma ci si sente soprattutto Darcy, il suo essere un artista del tempo presente, con un vasto immaginario e background culturale.
In “Tall Glass Of Water” ad esempio non si possono non sentire i Velvet Underground, nel cantato teso e nei cambi repentini di melodie da tre-accordi-tre. E in “Still Waking Up” invece salta fuori il pop anni ’50 di scuola Roy Orbison, con più di un evidente omaggio vocale (e visivo, se si guarda il video, girato da U.S. Girls). Quello che si sente è un Darcy molto a suo agio con la costruzione di melodie semplici e a presa rapida, che confeziona con attitudine scanzonata e divertita. Tutta la prima parte del disco, che oltre alle tracce già citate contiene anche “Joan pt 1, 2” e “You Felt Comfort” fila liscia così, senza fronzoli. Non si può dire invece la stessa cosa dei testi, in cui l’autore rivela parte della propria esperienza di artista e di uomo: “Tall Glass Of Water” è sostanzialmente una canzone sul coraggio e sulla sopportazione, sulle sfide quotidiane e sulla motivazione per affrontarle; “Still Waking Up” mette in luce un rapporto sentimentale obliquo e sbilanciato, probabilmente finito male; “Joan pt 1,2” (e la hidden track “Joan pt 3”) rimandano indirettamente alla figura di Giovanna d’Arco, ai valori di lotta e tenacia che esprime ancora oggi – in questo senso, è molto interessante (quasi dylaniano) ciò che Darcy dice sulle canzoni politiche (“I really believe that what’s important is people making art that moves people and awakens the spirit, but then that just being who you are as a person—not necessarily having a song called ‘Fuck Trump,’ but just sort of being a part of that broad-spectrum consciousness, and then however you choose to live out your politics being a part of your personhood”, via Ladygunn).
Poi da lì comincia un’alta roba, che non avrebbe sfigurato in album come “White Light / Wight Heat” o ancora – e senza esagerare – nei dischi degli Ought, perlopiù composta da distorsioni, delay, cazzeggi alla chitarra. “First Final Days”, “Saturday Night” e “Found My Limit” sono fatti di quel suono che già conosciamo: è quello degli Ought, che è quello di altre band prima di loro, e sembra comparire qui, dopo una prima parte così pop, quasi a ribadire le radici dell’autore. Anche i testi assumono una forma meno comprensibile, composti da frasi apparentemente scollegate e senza senso. Siamo immersi in una dimensione musicalmente eterea e nella nebbia intangibile sembra quasi di perdere le coordinate sensoriali: la voce di Darcy si sente solo attraverso un eco lontano, e solo ogni tanto riusciamo a distinguere le parole del cantato.
Nonostante lo stesso autore abbia spiegato come “Saturday Night” sia composto di canzoni scritte in momenti diversi tra loro, parte in solitaria e parte durante i lavori di produzione dei dischi degli Ought, il suo è un album che in realtà non lascia trasparire la frammentarietà da cui è stato generato, suonando anzi parecchio unito e coerente con la figura di Darcy – solista, ma anche frontman degli Ought. Sebbene all’interno del disco compaiano due entità, quella da singer-songwriter e quella da sperimentatore sonoro, “Saturday Night” è un’opera che testimonia un’unica, prolifica, ispiratissima, identità artistica.
78/100
(Enrico Stradi)