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Esce proprio oggi per Bravo Dischi “Pulviscolo”, il disco che segna l’esordio solista di Giovanni Imparato, già conosciuto come membro dei Chewingum. Un album importante, che inaugura un percorso cantautorale già parecchio riconoscibile.
Abbiamo deciso di intervistare Giovanni per farci raccontare un po’ di cose sul suo disco e su quella che, a tutti gli effetti, è una sua nuova identità musicale.
La prima cosa che mi ha colpito del tuo progetto solista è stato il nome che hai deciso di utilizzare. Il “colombre” è il titolo di un racconto di Dino Buzzati che parla dello strano rapporto di attesa tra un uomo e un misterioso mostro marino. Quanto c’entra il mare con quello che scrivi e che suoni, con la tua vita?
Si, è un racconto semplice ma profondissimo, proprio come lo stile di Buzzati. Racconta della paura di affrontare le cose, dell’immobilità che ne consegue, delle rinunce, delle scelte e del coraggio. Il mare rappresenta per me la vastità di scelte che puoi fare, e a volte questo spaventa, ma allo stesso tempo ti da un senso di calma e apertura alle cose. Abitando sul mare è uno stimolo quotidiano importantissimo per me.
E oltre a Buzzati, c’è altra letteratura che è finita dentro al disco? Secondo me è sempre difficile incastrare dei libri nei dischi, ma sono curioso di sapere se invece non è così.
Si anche per me è molto difficile, e chi ci riesce senza essere cervellotico, ampolloso o retorico è bravissimo/a. Per “Pulviscolo” non avevo intenzione di infilare a forza la letteratura nelle parole delle canzoni, ho preferito parlare di me senza sconti o compromessi e ho semplicemente preso il nome da quel racconto che è stato fondamentale nel momento in cui l’ho riletto l’anno scorso. E’ stata una specie di epifania. Però, del resto, un libro che leggi può inevitabilmente influenzarti e magari restare sotto la brace per molto tempo prima di riemergere all’improvviso. Se dovessi dirti uno scrittore che in generale mi ha aperto l’immaginario è Tommaso Landolfi e a pensarci bene con il suo racconto incredibile “Il mar delle blatte” tutto un po’ torna…
Sempre sul mare: nel disco c’è un pezzo prodotto insieme a Jacopo Incani, meglio conosciuto come Iosonouncane, l’autore del meraviglioso album “Die”. Anche quel lavoro era ispirato ad una storia marina. È un caso? Quando e come è nata l’idea di lavorare insieme?
Si a pensarci bene è un caso, ma si vede che nulla è per caso e doveva andare così. Con Jacopo ci conosciamo da tempo e c’è sempre stata voglia di fare qualcosa insieme, per amicizia e stima reciproca, questa era l’occasione giusta. Avevo questo pezzo, “Blatte”, che mi sembrava potesse girare sulle sue corde, gliel’ho fatto sentire e a lui è piaciuto tantissimo. Lo incontrai a un suo concerto e mi disse di volerci mettere le mani. Abbiamo lavorato a distanza, e l’ho lasciato libero di giocarci come meglio credeva, e lui ha tirato fuori questi cori bellissimi un po’ alla Alicia Keys e ha aggiunto una strings machine e il glockenspiel sul finale per aprire meglio la dinamica del pezzo.
Quand’è che hai deciso di cominciare a lavorare ad un disco tuo? C’è una canzone, dentro a “Pulviscolo”, che ha dato il via alla scrittura delle altre?
L’idea di fare un disco da solo è sempre stato il Colombre che mi inseguiva come nel racconto di Buzzati e quando ho percepito che con Chewingum le fasi della vita di Carta e Fabio erano cambiate ho capito che era arrivato il momento di affrontare il mostro. La canzone c’è ed è “Deserto”.
Quant’è bella “Dimmi Tu”? Brilla di serenità. Immagino sia dedicata a Letizia Cesarini (Maria Antonietta), la tua compagna. Anche lei ha partecipato alla produzione del disco? Quando vi ho visto suonare insieme durante i suoi tour mi sembravate davvero molto uniti. Ci sono dei momenti, in altre canzoni, in cui mi sembra di riconoscere qualcosa di suo. È così, o è solo una mia impressione?
Si è per Letizia. Lei è ed è stata preziosissima, mi ha sempre stimolato dandomi dei consigli e punti di vista nuovi su cui ho riflettuto molto. Mi ha insegnato tantissime cose, soprattutto relative alle parole precise da scegliere in una canzone, e suonare con lei in questi ultimi tre anni è stata un’esperienza importantissima per me. La tua non è un’impressione…il ritornello di Fuoritempo l’abbiamo scritto insieme…
“Fuoritempo” è forse il pezzo più pop dell’album: ritornello a presa rapida e chitarrine che fanno pensare alle Hawaii. Una roba abbastanza lontana dall’electro-pop cantautorale tanto di moda in Italia al momento, e proprio per questo mi piace che l’essere “fuoritempo” per te non sia un atteggiamento così sbagliato. È così? Da dove arriva il suono che hai scelto per quella canzone? Ma soprattutto: ti ci vedi bene, considerato il panorama attuale circostante, nel ruolo di “cantautore”?
Se intendi Fuoritempo da questo punto di vista allora son d’accordo…con l’electro-pop ho dato abbastanza in passato ahaha…in realtà la canzone parla della sensazione che hai quando rinunci a una cosa per te importante e ti tiri fuori dai giochi, trovando scuse inutili e sbagliando inevitabilmente il momento giusto. Per le chitarre che dici ho preso l’idea da “Little Girl” un pezzo di Danger Mouse con Sparklehorse…poi però volevo nelle strofe anche dei synth acidi in detune con il chorus che dessero l’idea di instabilità per poi arrivare a un’apertura ariosa nel ritornello dove ho usato le strings di un omnichord. Fabio Grande poi ha stretto tantissimo il suono di batteria per alleggerire la canzone che si chiude con un regalo pazzo di mio fratello Marco che, alla batteria, ha cominciato a rallentare e sfasciare la canzone all’improvviso. Abbiam tenuto quella take. Riguardo il ruolo di cantautore non saprei, non mi interessa granché, mi vedo semplicemente come uno che quando ha una cosa da dire, che ne vale la pena, prende una chitarra o un organo e cerca di sputarla fuori.
Pensi che “Colombre” sia un progetto che continuerai anche in futuro? Di solito sono affascinato dai dischi solisti che rimangono anche i soli, ma questa volta vorrei sentire molte altre cose. Consola me e quelli che la pensano così: hai in mentre altre cose?
Penso che Colombre sia la naturale evoluzione di quello che ho fatto finora a nome Chewingum e che sia il progetto a cui voglio dedicarmi anche in futuro.
(Enrico Stradi)