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Il comunismo dei 3 fratelli Carney sta assumendo connotati commoventi. Vivono con le loro famiglie in una fattoria della Virginia, producono birra artigianale e poi girano il mondo con il progetto Pontiak, giunto all’ottavo capitolo.
“Dialectic of Ignorance” arriva a ben tre anni di distanza dal poliedrico “Innocence” che avevo definito sulla nostra webzine un disco dalle due facce, una più dura e l’altra più folk e carezzevole. Le carte cambiano ancora e i Pontiak licenziano questa volta un disco scuro, pesante, con pochissima concezione alla melodia e al bucolico atteggiamento freak. Registrato in analogico, in solo 46 minuti non riesce ad alzare di nuovo l’asticella come fecero l’EP “Comecrudos” del 2011 o il celebratissimo e da poco ristampato in vinile “Sun on Sun”, ma immerge i suoni in un magma scuro e psicotropo, i riff son quasi ossessivi ma al tempo stesso potenti e diretti, il cantato è a sostegno di un andamento psichedelico circolare, un mantra intervallato da laceranti riff che danno la vaga idea degli spazi aperti ove il disco è stato registrato.
Difficile elencare i momenti migliori, in quanto l’ascolto è un flusso omogeneo e spirituale che potrebbe ripartire infinitamente; personalmente “Tomorrow is Forgetting” con il suo loop narcotico, l’uso emozionante del wah-wah in “Youth and Age” e le influenze poco celatamente Sabbiane bagnate nell’acido Heavy di “Herb is my next door neighbor” mi hanno convinto a portarmi a casa ancora una volta un disco dei Pontiak; che suona come un disco dei Pontiak ma che è tutta un’altra storia.
75/100
(Nicola Guerra)