Share This Article
Bologna, Locomotiv, la vita ed il PCI.
Spartiti è il progetto di Max Collini (Offlaga Disco Pax) e Jukka Reverberi (I giardini di Mirò), che trasformano il palco del club che riposa accanto la locomotiva del dopolavoro ferroviario nel salotto di casa loro, come in quelle serate in cui si finisce da amici a bere il bicchiere della staffa ed ascoltare delle storie.
La scaletta prevede in totale 11 brani, si comincia con “Banca Locale”, Collini fermo davanti il suo leggio che regge spartiti di parole, le mani aggrappate all’asta e i movimenti lenti, impercettibili ma decisi del capo trasmettono l’esatta tensione che regalano i testi.
Crudi, profondi e drammaticamente quotidiani.
Reverberi è seduto alla sua sinistra, gestisce synth, drum machine e pc, interpretando una vera e propria regia musicale, in “Borghesia” è ammaliante il sound da ballata in reverse loop, e quando imbraccia la sua chitarra, come in “Bagliore”, è lì che viene fuori la mano di Mirò arpeggiando le note adatte ad accompagnare una storia straziante, che tra la fine dell’esecuzione e l’applauso provoca un unisono sospiro e un interminabile silenzio, seppure in realtà sarà durato pochi secondi.
Il racconto è centrale nelle liriche di Max, che recupera racconti di Arturo Bertoldi, “Ida e Augusta” le tedesche di Gombio, e di Marco Philopat “Servizio d’Ordine”, quest’ultimo sulla storia della banda Bellini. Il tema del PCI e del movimento studentesco fanno da sfondo costante, ma mai con stanca retorica o nostalgica inoffensività, bensì con sarcasmo ed autenticità, il pubblico lo sente e si realizza quella magia chiamata empatia.
Alle loro spalle il visual, curato da Filippo Biagianti, intreccia con il logo di Spartiti immagini che mescolano i Nirvana a Mao, che dissolvono le alfa Giulia ’68 dei Carabinieri a danze di un film muto.
Richiamati da un lungo applauso sul palco, chiudono il concerto con una cover dei Massimo Volume, “Qualcosa sulla vita”, un brano che Collini dedica allo scomparso Enrico Fontanelli, che glielo fece conoscere e che avrebbero dovuto e voluto suonare insieme.
Finito il trasloco, Max lascia da solo Jukka sul palco, che con la sua chitarra crea un climax fatto di loop, echo e delay.
Si riaccendono le luci e nella mente resta solo un verso di “Elena e i Nirvana”: “perché solo lo stile ci salverà.”
(Francesco Fauci)
La scaletta del concerto