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Mettiamola così: mi sono innamorato di Billy Idol per una manciata di secondi che non sono mai esistiti. O, almeno, non negli album e nelle canzoni “ufficiali”.
Rewind: nel 1986 l’impatto del video era un fondamentale veicolo della canzone, e fu così che il dodicenne che era in me si imbatté in “Don’t Need A Gun”: il video porta in scena la violenza urbana losangelina con tanto di rapinatori trivellati stesi fuori dai market, nastri gialli della polizia, lampeggianti, ambulanze e tassisti che si aggirano per la città impauriti e sperduti. Ma non è quello che funziona, bensì la coppia Idol-Stevens, un duo che pare uscito dalla precisione di un fumetto: Idol capello bianco e Stevens abito completamente bianco, Idol abbigliamento nero in pelle, Stevens capello nero sparato. Praticamente speculari. Si aggirano prima sulla scena del crimine e poi su un tetto illuminato da fari da coprifuoco, e Billy Idol ha una fisicità davvero punk. Non a caso il regista del video è Julien Temple, londinese che ha seguito per primo i Sex Pistols (suo il video di “God Save the Queen” oltre – tra gli altri – a film musicali come “Absolute Beginners” di Bowie e il documentario “Joe Strummer Il futuro non è scritto”).
In tutto questo la canzone non è secondaria: a mio sommesso avviso uno dei brani più riusciti di Idol, in cui il suo post-cyberpunk da fine anni ’80 si fa amaro ma pur sempre grintoso, la chitarra di Stevens è perfettamente lancinante, il basso fisso e ipnotico, l’elettronica un po’ magniloquente ma pur sempre di buona fattura.
Ma forse tutto questo non sarebbe bastato per attirare definitivamente la mia attenzione, farmi acquistare subito “Whiplash Smile” e approfondire poi l’artista Billy Idol. Tutto ruotò attorno a quei 14 secondi dal minuto 3:14 al 3:28 del video: una potenza inaudita, uno stacco che in effetti col senno di poi è un po’ un taglia-e-cuci ma che proprio per quello mi sembrò piuttosto geniale.
Comprai il disco solo per quello, per poi scoprire che invece la versione su album non ha quell’inciso. Mai esistito. Incredibile. Rimasi basito all’ennesima potenza. Ancor oggi non riesco a capacitarmene, se non che – guardando bene il video – quel frammento coincide con un flashback della cattura dell’omicida, e quindi ha un senso nella storia che racconta il video stesso. E’ stato Julien Temple a volerlo? E’ stata la casa discografica? E perché? Tutte domande alle quali ancor oggi non ho risposta, seppure possa ammettere che “Whiplash Smile” è un gran album con gran canzoni (come “Man For All Seasons”) che mi fece dimenticare, col tempo, quell’arcano.
Dovrebbero farlo, comunque, quel fumetto con Billy Idol e Steve Stevens, credo proprio funzionerebbe.
(Paolo Bardelli)