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Gli Zombie Zombie sono il trait d’union tra il minimalismo dell’horror synth anni ottanta, l’elettronica psichedelica dei corrieri cosmici tedeschi, la trance estatica annegata nell’house e la potenza visiva del cinema coniugata in vibrazioni dilatate a suon di synth, rigorosamente analogici. Attivo dal 2006 il duo parigino – Etienne Jaumet (sintetizzatori, drum machine) e Cosmic Neman (batteria, percussioni) – è alla continua ricerca di nuovi mondi sonori. Con l’aiuto di Doctor Lori Schönberg (percussioni), il duo è votato alla sperimentazione più pura e sincera: dalle colonne sonore cinematografiche agli spettacoli multimediali. In occasione del tour italiano di questo fine settimana – il 14 aprile a Roma al Monk e il 15 aprile a Firenze per l’Annibale Night del Tender – abbiamo scambiato qualche parola con la band.
Voi – Etienne Jaumet e Cosmic Neman – vi siete incontrati a una retrospettiva su Dario Argento perché siete entrambi appassionati delle colonne sonore dei Goblin. E poi, dopo il vostro primo CD/LP “A Land for Renegades” (2008), nel 2010 avete pubblicato “Zombie Zombie plays John Carpenter”, una delle tracce dell’album è il tema di Halloween che è puro suono Goblin – Carpenter, per dire, ha detto che, mentre componeva le musiche per “Halloween”, la colonna sonora di “Suspiria” fu una delle sue influenze principali. Perciò, sia la musica dei Goblin che quella di Carpenter è nel vostro DNA. E anche se negli ultimi (vostri) dischi siete andati oltre questi punti di partenza (in particolar modo in “Rituels d’un nouveau monde”, 2012), trovo che la vostra mentalità e l’approccio verso la scrittura della musica sia sempre molto cinematico e immaginativo ma in maniera minimale. Mi sbaglio?
Etienne Jaumet : Cerchiamo di esprimere il massimo delle sensazioni con il minimo delle note e delle melodie. Amiamo molto costruire atmosfere, lasciamo andare la nostra immaginazione, alla ricerca di suoni belli da creare con i nostri strumenti. Non abbiamo un approccio intellettivo con la composizione, lavoriamo di più sulla nostra interattività e i nostri sentimenti tutti insieme, senza pensare a quello che facciamo con le tastiere.
Cosmic Neman : Bene, grazie perché ciò è proprio quello che, all’inizio, ci ha colpito della musica di John Carpenter, la semplicità e l’efficienza dei temi e degli arrangiamenti : negli anni settanta, all’epoca della musica orchestrata per film, è stato uno dei primi compositori di colonne sonore ad usare la musica elettronica in maniera minimale, con – o quasi – solo una drum machine e una linea di basso (come nel caso di “Assault on preccint 13” – in italiano “Distretto 13 – Le brigate della morte”). Inizialmente, sì, per ragioni economiche ma funzionava così bene!
È per questo che abbiamo reinterpretato le sue musiche, per dimostrare che ha scritto hits che possono essere suonate senza i (suoi) film.
Parlando di “Rituels d’un nouveau monde” (2012), l’album che avete fatto dopo il vostro viaggio in Brasile ed Argentina.
In molte interviste avete detto che questo CD/LP è come una nuova rinascita, alla ricerca di nuovi orizzonti. E infatti Francisco Lopez ha suonato – nel disco – il berimbau, la cuica e il pandero che sono strumenti caratteristici della samba brasiliana. E Neman, poi, ha suonato bonghi, nacchere e maracas. Avete creato, quindi, vibrazioni primitive, istintive, mescolate con diverse direzioni musicali: da una parte c’è un sentimento “kosmisch” (“L’ âge d’or”, per esempio) e dall’altra abbiamo una sorta di musica “electro trance psichedelica” (una mia definizione). È come se i Grateful dead si mettessero a jammare con i sintetizzatori, invece di farlo con le chitarre … Voglio dire, non scrivete canzoni (pop) – verso, ritornello, ponte – e la struttura del brano è completamente libera, come un labirinto di cerchi di synth elettronici. Come riuscite ad immergervi così profondamente nella scrittura? Qual è il mood che più vi ispira?
Etienne Jaumet: Cerco soltanto di andare il più profondo possibile in uno stato di trance, qualche volta sembra di essere al di fuori del proprio corpo, come mi stessi guardando suonare. Nella musica amo andare dove non sono mai stato prima, lascio andare la mia mente e lascio che il suono attraversi il mio corpo e guidi i miei neuroni, nervi e muscoli. Quando suoniamo insieme, a volte non so nemmeno chi sta facendo quel suono che sto ascoltando: cioè? Io? Cosmic Neman o Doctor Schönberg ? È divertente, non ho paura di fare errori, è come se la nostra musica avesse delle regole proprie. Non controllo minimamente i miei strumenti, sono l’interfaccia tra l’elettricità acustica e le mie emozioni.
Cosmic Neman : L’improvvisazione è il cuore della nostra musica, di solito jammiamo insieme e quando esce qualcosa di buono, lo registriamo e da ciò cominciamo a farci una traccia. La struttura non viene dalla musica pop, non siamo dei buoni songwriter e il formato pop dei tre minuti e 30, imposto dalle radio, non ha alcun senso per noi. Siamo influenzati dal free jazz contemporaneo, dalla musica elettronica, dalla musica africana la cui ripetizione e pazzia è la chiave per entrare in trance e per questo genere di cose hai bisogno di tempo, non bastano tre minuti e 30.
La vostra musica non è pop : non componete musica pensando alle trasmissioni delle radio commerciali. Ma nel 2013 Lady Gaga, nel brano “Venus”, ha campionato le vostre voci di “Rocket Number 9” (nda. la vostra era una reinterpretazione, l’originale è di Sun Ra). È abbastanza strano, come vi siete sentiti?
Etienne Jaumet: Sì, ci ha fatto ridere quando l’abbiamo ascoltata e, ancor di più, quando abbiamo capito chi stava cantando. Di fatto è come se gli Zombie Zombie fossero il collegamento tra Sun Ra e la musica pop. Mi piace questa idea…
Cosmic Neman : Ahah, sì, della serie, “cos’è questo? È così brutto”. Ma sono d’accordo con Etienne, mi piace l’idea che la musica di Sun Ra trascenda le generazioni, anche se all’inizio Lady Gaga non sapeva che era una canzone composta da Sun Ra.
C’è una forte connessione tra la vostra musica e il cinema. Nel 2010 – come ho già detto prima –avete pubblicato l’EP “Zombie Zombie plays John Carpenter”, in cui avete reinterpretato alcuni temi di Carpenter; nel 2014 avete scritto la colonna sonora di “Loubia Hamra” – un film, diretto da Narimane Mari, sulla guerra algerina per l’Indipendenza – e l’anno scorso avete composto le musiche per un’altra pellicola, “Irréprochable”, thriller di Sébastien Marnier. Secondo voi quale dovrebbe essere la correlazione tra immagini e musica? Intendo, quale dei delle due parti è più importante? O dovrebbe essere sullo stesso livello?
Etienne Jaumet : È davvero difficile fare un film senza la musica, ma stranamente, la maggior parte delle volte, i registi nelle loro pellicole non tengono in grande considerazione la musica, è un grande errore. Non sono sicuro che amerei così tanto “Under the skin” senza la colonna sonora incredibile di Mica Levi. Mi piace quando la musica è un attore del film. C’è molto da esplorare, quando si parla della correlazione tra musica e immagini. Un film costa molto che il regista, il produttore hanno paura che la musica possa spezzare qualcosa nell’ingranaggio, per questo motivo, molte volte, il musicista non ha mai l’ultima parola, quando compone la colonna sonora.
Cosmic Neman : È grandioso quando lavori con persone nel cinema che amano la musica come Narimane Mari e Sébastien Marnier. La musica può cambiare davvero il significato di un film, ed è incredibile quando funzionano insieme, come – per esempio – nel caso delle colonne sonore dei Popol Vuh per le pellicole di Werner Herzog. Però recentemente ho visto “Toni Erdmann”, film di Maren Ade, dove per quasi tre ore non c’è nessuna musica, ed è un gran film, che consiglio vivamente.
Nel 2015 avete fatto un’esperienza eccitante : avete composto la musica originale di “Slow Futur”, uno spettacolo di Elsa Guérin e Martin Palisse, due giocolieri che hanno creato un’installazione d’arte – un’installazione a neon – che è l’ambientazione dello spazio coreografico ed è come un tunnel spazio-temporale. La loro perfomance – ognuno ha tre palle – è su un tapis roulant e si basa su un via minimalista alla giocoleria. Com’è stato? I quattro brani pubblicati sull’LP omonimo sono robotiche, meccaniche e ipnotiche.
Etienne Jaumet: Abbiamo avuto due settimane di prove tutti insieme per fare la musica e lo spettacolo. Dopo che l’abbiamo registrato, i giocolieri hanno costruito il loro show con le quattro canzoni che abbiamo fatto insieme. Subito dopo ci siamo riuniti di nuovo per fare lo spettacolo. Sfortunatamente non l’abbiamo mai suonato in Italia, abbiamo fatto anche una quinta canzone, “Matching numbers”, ma non l’hanno tenuta, così l’abbiamo adattata per un video di Xavier Veilhan, lo puoi trovare su Youtube. Amo molto quella canzone, si sposa bene con il video di Xavier.
Cosmic Neman : Questa nuova esperienza ci ha fatto prendere un’altra direzione, non avremmo mai fatto questo disco senza lo spettacolo. Siamo andati avanti nell’esplorazione di lunghe tracce strumentali, usando synth modulari per la prima volta dal vivo, per cambiare il nostro suono e l’ approccio verso la musica.
Jaumet suona nei Married Monk (che è una band art pop), nei Flóp e hai pubblicato due album da solista (“Night Music” and “La visite”); Neman suona negli Herman Düne (un gruppo folk). Così siete musicisti con estrazioni differenti. Queste esperienze extra influenzano la musica degli Zombie Zombie? Magari in maniera implicita?
Etienne Jaumet: Certo il nostro passato musicale alimenta fortemente il nostro modo di suonare oggi. Suono ancora con i Flóp ma i Married Monk non fanno più dischi. Amo molto collaborare con altri musicisti o altri artisti. Apro le mie vedute e non mi sento confinato in unico stile di musica; amo essere sorpreso, in particolar modo quando sto facendo qualcosa che non ho mai fatto prima.
Cosmic Neman: Le altre esperienze sono sempre ottime per l’ispirazione.
Guardando le copertine dei vostri album sembra che abbiate un grande rispetto per l’arte. Il designer delle vostre copertine è La Boca, giusto? Come l’avete scelto?
Etienne Jaumet: La Boca è davvero talentuoso, curava gli artwork per la D.C. Recordings ma, quando la label londinese ha chiuso, Gilbert della Versatile Records gli ha chiesto di fare l’artwork per la sua etichetta. Ogni volta le sue proposte si adattano perfettamente alla musica. Ha davvero buon gusto.
Cosmic Neman: Ho sempre amato quando i grafici danno un’immagine particolare e unità alla musica, un po’ come faceva Peter Saville con la Factory Records. E penso che abbiamo qualcosa di simile con La Boca, che ha creato disegni, ottimi, di un mondo immaginario per la nostra musica.
(Monica Mazzoli)