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É passato qualche giorno dalla fine del SXSW, ma scriverne continua a essere difficile. Il festival di Austin non è semplicemente un insieme di concerti, ma un’intera esperienza di vita che ti apre gli occhi sul mondo musicale, ti fa conoscere realtà di cui prima ignoravi l’esistenza e ti fa respirare l’atmosfera rilassata (forse solo apparentemente) del Texas. Sarebbe troppo semplice, ora, parlare dei concerti che mi sono piaciuti di più, quindi per immergere “i miei venticinque lettori” nel vero clima del South By Southwest risponderò a un breve questionario. Ovviamente redatto da me stessa.
La prima cosa che diresti a chi, l’anno prossimo, dovesse decidere di andare al SXSW?
Preparatevi alle code, lunghissime, caldissime ma non noiosissime: alla sottoscritta è capitato di attendere un ingresso, con una temperatura di poco inferiore ai 30°, avendo come sottofondo la colonna sonora di Stranger Things, suonata live dai loro creatori, i texani S U R V I V E. L’organizzazione controllerà sempre documenti, wristband e badge, quindi armatevi di pazienza e aspettate. Alla fine tutti entrano (quasi sempre).
Come sono le venue?
Leggendo in giro, prima di partire, avevo trovato un articolo che definiva il Texas la capitale USA della musica live e forse è davvero così. Ogni locale, categoricamente con patio interno, è una sorpresa, come il Sidewinder, accogliente all’interno e spazioso nella sua parte aperta; il Blackheart che all’esterno ricorda tanto un ranch abbandonato ma che contiene, poi, uno dei cortili più suggestivi per ospitare un concerto (qui ho visto Marika Hackman suonare insieme alle Big Moon); per chi ama le atmosfere più punk, invece, consiglio il Cheer Up Charlies, dove bere birra sdraiati un po’ ovunque o prendere attivamente parte ai live su un terriccio sabbioso (che non molto si sposa con delle scarpe nere).
Sì, ok, molto bello. Ma la musica?
È tanta e si suddivide tra eventi ufficiali e quelli non-official, organizzati da brand, come quello legato al magazine She Shreds: una giornata interamente dedicata a band femminili, dove abbiamo visto Diet Cig, Chastity Belt, Sad13, la simpatica Lisa Prank, Mothers, Madame Gandhi e Sneaks (di cui parlerò tra poco).
Le scoperte più interessanti?
Chi scrive, da quando l’ha vista al Bar 96 e il giorno dopo al Banger’s, è in totale stato di adorazione verso Banks che nella sua musica fonde sapientemente r’n’b con pop, e hip-hop con elettronica. Oltre alle etichette, però, c’è la presenza scenica che nel caso della cantante americana è volutamente creepy, ma con gusto. Non ci ha deluso Marika Hackman che ci lascia ben sperare per il nuovo disco, in uscita il 2 giugno, di cui Boyfriend, il nuovo singolo, è un assaggio interessante, soprattutto per le sonorità anni ’90 (e il video potrebbe essere scambiato per una scena di Buffy l’ammazzavampiri girata al The Bronze). Da appuntare il nome di Sneaks dietro cui si nasconde Eva Moolchan: i pezzi costruiti attorno a basso martellante e drum machine si collocano tra new-wave e post-punk, come anche la sua presenza , fatta di pochi sorrisi e atteggiamento badass, con tanto di skate.
Non è mancata l’elettronica, soprattutto di nuova generazione: ascoltare The Japanese House alla vigilia del ritorno in Italia, in una location perfetta come quella allestita da Urban Outfitters, commuoverebbe anche gli emo-repellenti (Eva Moolchan?). Che dire delle Let’s Eat Grandma, ovvero le bambine che tutti gli appassionati di musica vorrebbero come figlie? Volutamente infantili nelle loro esibizioni (le voci ricordano tanto quelle delle Cocorosie) la sensazione è che siano molto più sveglie di tutti noi e che vogliano un po’ prenderci in giro. Applausi. Elegante ma un po’ ripetitiva Tei Shi che ha presentato i nuovi pezzi e da rivedere Chinah, la band di Copenhagen che, in futuro, potrà regalare sorprese nel mondo dell’elettronica. In uno scenario sponsorizzato da SHOWTIME e dedicato a Twin Peaks (a maggio fa tremare l’arrivo della terza stagione), si è esibito il preferito di tanti, Alex Cameron.
A risvegliare il patriottismo degli italiani presenti ci ha pensato Giungla, il progetto di Emanuela Drei, che ha incendiato il Sidewinder con la sua chitarra elettrica.
Chi non hai capito?
Francis and the Lights, che contava nel pubblico anche la presenza di un’agguerritissima Chloe Moretz. Se è vero che in una performance il 50% è fatto di musica, l’altro 50% dallo show, nel caso del cantante americano le proporzioni sarebbero da rivedere: le scenette a cui ha dato vita sul palco hanno allontanato l’attenzione dal suo pop elettronico, costringendo il pubblico (se non altro la sottoscritta) a focalizzarsi solo sui suoi movimenti “scattosi”.
Il last minute che non ti aspettavi?
Ciao, sono Sabrina e ho visto Lana Del Rey. In questi anni ho letto tanto su di lei, anche troppo: leggende di concerti lasciati a metà, della sua voce-non-voce, di pezzi interrotti prima della fine. Finalmente lo posso dire: Lana Del Rey è brava. Si vede che sul palco è ancora a disagio, che fa fatica a vedersi come la stampa l’ha descritta e che disperatamente cerca di mantenersi umana. Il risultato è un live dignitoso, fin troppo pulito, che manca, forse, di quella sensazione di “gangsta per signorine” che accompagnava il primo disco.
Il momento WTF
Il bello del SXSW è che è realmente un’incursione nel mondo della musica a 360°. C’è l’hip-hop, l’elettronica, il pop, il rock, il punk: per gli addetti ai lavori è un po’ come tornare sui banchi di scuola e studiare, finalmente, solo quelle materie che davvero ti interessano. Per il quinto anno consecutivo ad Austin si è tenuta la K-POP Night Out, con alcune tra le più famose band di pop coreano. Il fenomeno è più grande di quello che si possa immaginare e c’è davvero poco da ironizzare: chi segue questa musica è realmente interessato agli idol (si chiamano così), alla loro vita e alle altre numerose attività parallele nel mondo dello spettacolo. Presenti alla serata, le Red Velvet, al momento, nel K-Pop, tra i nomi più grandi in assoluto. Ovvio non sono le Destiny’s Child, e neanche vogliono esserlo: sul palco salutano i fan in delirio, ridono, scherzano, fanno tanti balletti e cantano (in playback). La cosa è molto più seria di quello che possa sembrare e sarebbe interessante dedicare alla cosa un capitolo a parte.
Chi avresti voluto vedere e non hai visto?
A chi andrà l’anno prossimo dico: mettiti l’anima in pace, non andrai mai a tutti i live che ti eri prefissato di vedere. Tristezza per la mancata visione della taiwanese Zooey Wonder, Pastel Goth, False Advertising, Cherry Glazerr (tutti d’accordo che Clementine Creevy sia stupenda?), Solange, Gucci Mane, Weezer e altri mille nomi.