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L’essere misurati, invadenti o prepotenti è un’indole di carattere. Certamente lo è anche di educazione. Tra questi tre livelli del nostro porci nelle diverse situazioni in cui interagiamo c’è anche un’ulteriore step – credo – che sta tra l’essere misurati e riuscire però a ritagliarci il nostro ruolo, per “lasciare la nostra traccia”, ad esempio in un lavoro di squadra.
Parafrasando un mio maestro, “il proprio spazio ce lo si prende, non lo si riceve”. Regola di vita che si impara nel tempo e che mi porta ora – alle volte e contrariamente a prima – a preferire approcci un minimo impattanti, piuttosto che approcci misurati ma nulli (in termini di soddisfazione personale).
L’esemplificazione massima di questo concetto, molto difficile da spiegare a parole, per me è molto semplice ascoltando l’assolo che Eddie Van Halen fa in “Beat It” di Michael Jackson. La storia di quell’assolo è singolare, ma anche senza conoscerla è tutta lì la misura dell’iniziativa giusta che bisognerebbe sempre avere: Van Halen fa un intervento spigoloso e rumoroso in un brano pop, mantenendo il classico suo stile (facendo tra l’altro anche tapping) e risultando un po’ invadente ma migliorando decisamente il brano, qualsiasi fosse stato il diverso utilizzo di quella parte se non ci fosse stato un assolo di Eddie. Non si lascia trasportare dall’essenza radiofonica del brano, non si fa corrompere: va avanti per la sua strada e fa la cosa giusta, con onestà nei confronti di se stesso. Dà il suo tocco immortale alla canzone, che non sarebbe mai stata “Beat It” senza di lui.
Tutto questo lo si comprende solo ascoltando il brano, ma se si legge qualche intervista di Van Halen si capisce che l’approccio è stato quello in ogni caso anche di fatto. La collaborazione gli fu richiesta da Quincy Jones, al quale Van Halen fece sostanzialmente un piacere, e questo fu lo scambio di battute:
“What do you want me to do?”
“Whatever you want to do.”
“Be careful when you say that. If you know anything about me, be careful when you say, “Do anything you want!”
Alla fine Van Halen fu “pagato” con sei pacchi di birre e nel disco non appare nemmeno il suo credit, ma la sua firma è molto più che evidente.
Sarebbe bello potessimo lasciare anche noi – mutatis mutandis – segni similari del nostro passaggio.
Io nel dubbio, quando sono titubante, penso a Van Halen e a questo assolo. Anche se non si è fuoriclasse come Eddie, beh, può aiutare.
(Paolo Bardelli)
P.S. Scusatemi per l’incursione di Van Halen – non usuale – sulle pagine virtuali di Kalporz, ma potevo esprimere il concetto che ho cercato di tratteggiare unicamente con il suo assolo in “Beat It”.