Share This Article
Nel mondo della musica capita spesso che alcuni musicisti restino a lungo relegati a uno status di nicchia, ma che riescano comunque a ritagliarsi uno spazio d’eccezione nel cuore di molti appassionati.
È così che nascono le band di culto. Ed è così che i Woods nel corso degli anni sono riusciti a costruirsi un fedelissimo seguito.
Il motivo sta poco nella forma (e nell’hype) e molto nella sostanza di una produzione musicale d’immensa qualità. E il live andato in scena al Serraglio di Milano non fa che confermarlo.
Il quintetto di Brooklyn, con il suo stile difficilmente categorizzabile ma istantaneamente distinguibile, dà il meglio di sé dal vivo, come spesso accade ai grandi gruppi.
Chiamate come volete il loro genere: che sia indie, psych – o folk-rock non ha molta importanza. Mai come in questo caso le etichette sono di poco conto. Le canzoni invece meritano di essere ricordate.
Le melodie dei Woods si muovono agili tra prolungati amplessi chitarristici, a tratti limpide e raffinate, a tratte sferzanti. Il pubblico milanese accoglie alla grande una scaletta che a diversi brani del loro ultimo e acclamato lavoro “City Sun Eater in the River of Light” affianca anche molti pezzi estratti dai loro precedenti album, con ” With Light and with Love” a farla da padrone.
Non mancano, ovviamente, i classici come “Cali in a Cup”, “Suffering Season” (nei bis) e “Creature Comfort”, per una selezione che non può che lasciare soddisfatti sia fan della prima sia dell’ultima ora.
Lungo l’ora abbondante di concerto l’imprevedibilità regna sovrana. Il merito va alle continue improvvisazioni e agli splendidi intermezzi strumentali, mai noiosi e mai uguali a se stessi.
Il risultato è che la vena psichedelica della band appare ancora più accentuata che su disco, e anche la durata dei brani, complici i copiosi cambi di tempo, viene spesso e volentieri dilatata (per la gioia dei presenti).
Anche davanti ai pezzi più lenti non si registrano cali di tensione e perfino alcuni piccoli errori contribuiscono a rendere il tutto più autentico.
Onore ai Woods quindi. In un’epoca in cui l’alternative (qualsiasi cosa possa voler ancora dire) perde sempre più terreno rispetto alla predominanza quasi religiosa di hip-hop, soul e r’n’b, la band di Brooklyn ci ricorda che si può dire ancora molto dentro i canoni di generi già ampiamente esplorati.
L’importante è lasciare volare la creatività. E in questo i Woods hanno pochi rivali.
(Stefano Solaro)
foto di Eleonora Rapezzi del concerto dei Woods al Bronson di Ravenna