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Sulla polemica che è via via andata montando e vede come protagonisti il Festival di Cannes e Netflix si sono già sparsi fiumi d’inchiostro (reale o virtuale fa poca differenza). La vicenda è notoria, ma vale la pena ricordarla en passant: quest’anno il concorso del festival prevede la presenza di ben due film prodotti da Netflix e pensati dunque per una visione domestica, sul piccolo schermo. Si tratta di Okja di Bong Joon-ho e The Meyerowtiz Stories di Noah Baumbach: Netflix annuncia anche che i due film usciranno direttamente sulla piattaforma, senza passare per le sale. Il festival insorge, e indignato annuncia che dal prossimo anno saranno presi in considerazione per la selezione del concorso solo quei titoli che potranno garantire una distribuzione nelle sale francesi. Presa di posizione tardiva, e anche poco lungimirante: non solo chiudere gli occhi di fronte alle tecnologie non è mai una soluzione consigliabile, ma cosa dire di tutti quei film che non possono dare certezza di una distribuzione nelle sale prima della selezione non per volontà, ma perché non hanno il potere politico ed economico che gli permette di avere una distribuzione assicurata? Il festival ha rincarato la dose attraverso le parole del presidente di giuria Pedro Almodóvar, che ha detto di non avere alcuna intenzione di premiare un film che non è pensato per la sala… Benissimo, ma allora che senso ha prendere e inserire nel palinsesto due film prodotti da Netflix?
La realtà, a giudicare dal primo dei due titoli incriminati, Okja di Bong Joon-ho visto in mattinata, è che in ogni caso questi due film non avrebbero corso il rischio di dire la loro per la vittoria finale: Bong marca l’ennesima delusione di questi primi giorni di festival, firmando una commedia per l’infanzia piuttosto impersonale e che cerca di veicolare un messaggio non banale – la macellazione selvaggia dei bovini, suini e ovini – attraverso un’opera che flirta in maniera esagerata col bozzetto, con il grottesco e con la sovraesposizione del climax. Girato con grande classe, ovviamente, ma sarebbe stato lecito attendersi risultati assai diversi. Dopo un interessante dramma iraniano sulla corruzione che impesta il paese, da Teheran alle più lontane province del nord (A Man of Integrity di Mohammad Rasoulof, che venne incarcerato alcuni anni fa insieme al più celebre Jafar Panahi con l’accusa di tramare contro la madrepatria), la giornata si è spostata al Marriott per seguire le evoluzioni della Quinzaine des réalisateurs.
Ad aprire le danze è stato Un beau soleil intérieur, sapida commedia che Claire Denis – regista solitamente propensa verso altre timbriche, assai più oscure – affida a una splendida Juliette Binoche, che interpreta un’artista d’avanguardia alle prese con non pochi problemi sentimentali. La sequenza finale, che non si può svelare per non togliere gusto agli eventuali spettatori (ma la distribuzione italiana appare come un miraggio), è qualcosa di veramente difficile da dimenticare, esattamente come quella dello splendido L’Amant d’un jour, nuova incursione dietro la macchina da presa del sempre fondamentale Philippe Garrel, uno di quei miracolosi autori in grado di ripetere quasi sempre lo stesso schema e di partorire con continuità visioni sconcertanti, sorprendenti, dolenti e dolcissime, ironiche e spiazzanti. L’Amant d’un jour, che narra lo stranissimo triangolo scaleno che viene a crearsi quando una ventitreenne torna a vivere con il padre, che però ora convive con una coetanea della figlia, è un’opera sublime e che non ha bisogno di alcun tipo di orpello per incollarsi allo sguardo dello spettatore. Basta una danza notturna in un locale…
A chiudere la ricca giornata è stato poi, sempre alla Quinzaine, A ciambra, opera seconda dell’italo-americano (e di madre afrodiscendente) Jonas Carpignano, interamente ambientato all’interno di un nucleo familiare rom calabrese: un film asciutto, forse tirato un po’ per le lunghe, ma di grande impatto e che dimostra un’apprezzabile ricerca estetica e di senso. C’è tempo per Carpignano per limare il materiale a disposizione, gli inizi sono davvero interessanti.