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I Gomma sono il cavallo di battaglia dell’etichetta abruzzese V4V: proprio un anno fa, in questo periodo, hanno fatto uscire la propria prima demo, “Aprile”. Nell’arco di un anno hanno collezionato una serie discretamente numerosa di concerti, oltre ad aver aperto i concerti di Calcutta e dei Fast Animals and Slow Kids, tra gli altri. Li abbiamo intervistati per saperne di più sulla loro situazione presente e futura, tra tour e nuove idee.
I Gomma sono l’unica band italiana con testi in italiano protagonista di Beaches Brew, nella giornata conclusiva di giovedì 8 giugno, al fianco di Thee Oh Sees, Moon Duo, Blue Crime, King Ayisoba, Matteo Vallicelli e il resident DJ Fitz.
Buongiorno ragazzi. Avete suonato ieri sera?
Ciao! Sì, abbiamo suonato a Prato e ora stiamo recuperando. Al momento Matteo e Ilaria stanno dormendo e non danno segni di vita. Probabilmente stasera suoneremo in due come i White Stripes, chitarra e batteria. Sarà finalmente un’occasione per avere i miei quindici minuti di gloria al microfono (ride).
Come sta andando il vostro recente periodo di tour?
Abbiamo molto da suonare, abbastanza date da riuscire a stare quasi sempre in giro. L’unica cosa negativa è che siamo molto spesso lontani dalle persone che ci vogliono bene; in ogni caso vai in giro per l’Italia gratis e suoni quindi è una bella cosa.
Di recente avete aperto ai Fast Animals and Slow Kids, tra l’altro.
Eravamo abbastanza ansiosi a questo proposito e ci aspettavamo la stessa atmosfera di Calcutta. Con i Fask è stata invece una situazione molto più tranquilla.
Paolo: eravamo molto più in linea con il genere dei Fask piuttosto che con quello di Calcutta quindi il pubblico era già pronto magari a sentire della gente urlare.
Parlatemi invece di quando avete aperto i concerti di Calcutta. Cosa avete percepito di diverso rispetto, ad esempio, ai Fask?
Sia lui che i Fask sono cose che ascoltiamo spesso e volentieri, quindi abbiamo accettato subito. Abbiamo aperto le ultime tre date del tour di Calcutta e ad esempio a Napoli avevamo un’ansia pazzesca. Con i Fask invece è stato più semplice anche perché a quel punto eravamo già rodati dall’esperienza precedente.
P: è importante il pubblico per noi, che siano dieci o mille persone, l’importante è che sia preso bene; in quel caso è ovvio che il concerto va bene.
G: a Napoli con Calcutta ad esempio è stato più semplice di Roma, perché avevamo comunque anche un pubblico locale, fatto di persone che erano venute a sentire anche noi.
A proposito di pubblico suonate un genere che nel panorama italiano si rispecchia più con gruppi come i Fask e i Gazebo Penguins ma anche con la scena post-hardcore e screamo italiana, piuttosto che con l’indie per come lo intendiamo qui in Italia
Quando abbiamo iniziato a suonare avevamo intenzione di entrare proprio in quest’ultima scena, cioè quella emo-post-hardcore italiana.
E come vi trovate adesso, con questo pubblico misto tra indie e scena emo/hardcore?
P: Nel nostro pubblico molti sono dei ragazzini, dell’età del liceo.
G: questa è una cosa che ci ha stupito, anche in positivo, ad esempio allo Smav ci hanno chiesto una foto delle ragazzine che ci ha fatto il padre (ride).
P: nel frattempo poi trovi magari il ragazzo che oltre a noi ascolta gruppi prettamente hardcore.
G: esattamente. Comunque l’idea di avere un pubblico di nicchia non è una cosa che ci è mai interessata particolarmente, secondo me se ti ascolta il ragazzino o l’adulto di sessant’anni vuol dire che riesci a rappresentare una fetta di pubblico più grande di quella che ti aspettavi.
Quello che volevo dire che magari qualcuno afferma che voi non siate abbastanza duri e puri…
L’intenzione era proprio quella di essere più “hardcore” all’inizio, solo magari ci siamo resi conto di non esserne capaci (ride). Non credo sia possibile per noi essere una band come gli Storm{o}, ad esempio.
In realtà dipende, magari ti capita di fare anche dei concerti in situazioni magari più “hardcore”, con stage diving e tutto il resto, mentre altre volte il locale prepara le sedie per il pubblico, per dire.
Secondo me una grande fetta del pubblico che ci viene ad ascoltare adesso fa parte del genere dei “curiosi”, di quelli che vogliono capire se gli piacciamo o meno. Bisogna vedere anche se riusciamo effettivamente ad attirare un numero di pubblico discreto, magari in una serata in cui suoniamo soltanto noi e si paga un biglietto per entrare; anche perché nelle situazioni in cui è venuta molta gente spesso non era semplicemente merito nostro.
Magari suonare da headliner, quindi. C’è una storia ricorrente su di voi, che mi hai anche raccontato in un’altra occasione, riguardo il fatto che alla fine di ogni concerto guardi paolo e gli dici che “la truffa continua”, perché voi continuate a suonare e la gente vi ascolta sempre di più.
(ride) Noi abbiamo quest’idea per cui noi non andremmo mai a sentirci suonare. Non so se per ipercritica o perché siamo depressi e basta.
C’è da dire che comunque in un anno avete fatto molte più cose di altri gruppi emergenti, aprendo vari concerti eccetera. Non è una cosa scontata. Parteciperete anche ad alcuni festival in giro per l’Italia, come il Beaches Brew, gratis in spiaggia a Marina di Ravenna, con molti nomi internazionali interessanti.
In realtà io sono anche contento di aver beccato altre band come i Soviet Soviet o i Bruuno. Per quanto mi riguarda sono gruppi che ascolto moltissimo. Non è solo bello suonare davanti a molta gente ma anche conoscere di persona gruppi che ascolti molto spesso, in macchina o in cuffia. Per quanto riguarda i festival siamo anche molto contenti e non vediamo l’ora di continuare a suonare proprio con gruppi che ascoltiamo già a prescindere.
Capisco. Cambiando discorso adesso, Sottovuoto, il vostro secondo singolo, non fa parte del disco d’esordio. Avete altre canzoni che non avete pubblicato? In questo periodo state scrivendo o vi state dedicando solo al tour?
Tutte le canzoni che non abbiamo pubblicato semplicemente non sono mai state finite, sono state mollate prima di essere compiute.
P: Sottovuoto non è entrata nel disco semplicemente perché è stata registrata prima di costruire il disco, aveva un’altra atmosfera e in ogni caso ci serviva un singolo da pubblicare prima di scrivere il disco in sé.
G: aveva comunque senso come singolo perché non ha nessun punto in comune con le altre canzoni e il concept dell’album in generale. Nonostante il disco abbia comunque un’idea generale che lega tutti i pezzi, avrei preferito scrivere con gli altri un concept album vero e proprio. Col prossimo disco vorrei proprio fare questo, scrivere un disco che deve essere ascoltato dall’inizio alla fine senza poter staccare le cuffie. Anche se magari non è il periodo giusto per pubblicare un disco del genere.
Al momento abbiamo voglia di scrivere roba nuova perché abbiamo suonato questo disco fino alla nausea, vogliamo provare a scrivere qualcosa di diverso da quello che abbiamo già fatto. Per me non ha senso scrivere musica mentre sono in tour perché poi finisci per parlare di cose che stai facendo in questo periodo e cioè i concerti eccetera…
A questo punto devo chiedertelo: qual è la canzone che sopporti di meno del disco?
Tutte (ride). Comunque no, non credo che mi stiano sul cazzo ma più un effetto da abbuffata: essendo noi abbastanza giovani i nostri gusti cambiano continuamente. Avendo scritto queste canzoni un anno fa sono cambiate moltissime cose, tra cui anche la nostra idea su come vorremmo scrivere i nostri pezzi.
Penso sia anche una questione di influenze, dei gruppi che ti capita di sentire suonare in giro che ti danno nuove idee.
La mia idea sarebbe di fare come i Verdena, che fanno quello che gli pare cambiando di volta in volta il loro genere in base a quello che si sentono dentro. Un altro esempio che mi viene in mente a livello di scrittura è Prince, che ha fatto anche lui quello che gli andava di fare.
I Verdena sono quindi un grosso punto di riferimento per voi?
Credo sia una delle poche band che è riuscita a non “sputtanarsi” pur rimanendo famosa, riuscendo a non scendere a compromessi ma scrivendo solo quello che gli andava di scrivere. Tra noi e loro comunque c’è una grande differenza: loro sanno suonare (ride).
In ogni caso, loro hanno fatto della musica la loro vita, sin da quando hanno iniziato a suonare a 17-18 anni, nel loro studio-pollaio. Ci hanno sempre creduto molto più di tutti gli altri, mentre per noi ad esempio la musica non è quasi mai al primo posto.
Non è una questione di tempo, per dire. Ogni volta che ci chiedono quali siano le nostre influenze nella scrittura dei pezzi, ad esempio, finiamo sempre a parlare di cinema. Più che una canzone, è più una cosa di “ho visto questo film” o “ho letto questa frase”.
A questo punto l’intervista termina e inizia una digressione sulle caramelle gommose e sulle richieste da scrivere nel rider, che vi risparmiamo. Potrete trovare i Gomma in giro per l’Italia quest’estate in vari festival, tra cui il Beaches Brew (dal 5 all’8 giugno) all’Hana-Bi di Marina di Ravenna, di cui saremo, anche quest’anno, partner.