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A quasi tre anni di distanza dal terzo e fortunato album “Too Bright”, Perfume Genius, all’anagrafe Mike Hadres, è tornato, e dopo il breve assaggio che ci ha concesso con il brano Slip Away (v.link), possiamo ora gustarci tutta la densità di cui è intriso il suo ultimo lavoro, pubblicato per Matador Records.
Ispirato e teatrale, eccentrico e ambizioso, il ritorno di Perfume Genius declina il suo alt (synth? soul?) pop in un caleidoscopio di suoni, melodie, emozioni e sensazioni con chiare radici nel tormento della sua stessa storia personale (fu isolato e bullizzato fin da piccolo per le proprie tendenze sessuali) e nel suo faticoso tentativo di riscatto e redenzione attraverso la musica, l’arte e l’estetica.
Nello svilupparsi dell’album, melodie di piano minimali accompagnate dalla voce androgina di un Mike spesso in stile crooner, sono intervallate da improvvisi squarci sintetici e orchestrali e da arrangiamenti sontuosi, in cui si manifesta tutta la sua meticolosa ricerca del suono perfetto, quello che colpisce l’orecchio e la pancia di chi ascolta.
I testi non sono da meno e rimandano all’eterno contrasto fra temi esistenziali quali morte/amore, corpo/spirito, estetica/interiorità, desiderio/ rinuncia, ricordandoci che solo attraverso la contrapposizione fra i contrari può emergere quello che è il divenire, inteso come flusso continuo della vita e dell’esistenza. Il tutto non abbandonando mai l’esplicito riferimento alle questioni della gender fluidity e del diritto di auto-definizione.
“No Shape” si apre con estrema delicatezza con quella che, più che una opening track, pare un inno ad una qualche spiritualità non ben identificata, e in cui la voce di Mike e il suono del pianoforte si intervallano con crescendo potenti di melodie luminose, chiarendo fin da subito l’audacia che caratterizzerà l’intero album.
Come detto, “Slip Away” è il primo singolo dell’album e si avvia con uno suono sintetico dai tratti quasi tribali, per poi tramutarsi in una sorta di cavalcata in cui cori, dissonanze, drum machine e gli strumenti più disparati si intrecciano senza soluzione di continuità. Il video della canzone, bellissimo (v.link), è stato girato dal collaboratore di Bjork, Andrew Thomas Huang, e fornisce una proiezione ben precisa dell’immaginario e dell’estetica di Mike, in cui il dramma prende forma attraverso la leggerezza di quella che pare una favola surrelista.
In “Just Like Love”, una base ritmica ipnotica e incessante si alterna a chitarre distorte blues e clavicembali, per costruire atmosfere complesse a tratti quasi arabeggianti, in cui la voce di Mike guida le danze con delicatezza.
Un arpeggio delicato e sognante apre “Valley”, per poi sfociare in un bridge rarefatto che si pone quasi in antitesi allo strabordare di suoni barocchi che caratterizza la musica del nostro (“I hear the sound of a million drums With no beat, Violins with no melody, I’m sick with it – Quiet”), quasi a ricordarci che l’emozione può nascere anche nel silenzio. Segue Wreath, dove melodie solari e pop contrastano apertamente con i toni dark delle lyrics (“I see the sun go down I see the sun come up, I see a wreath upon the grave”).
Le tracce “Go Ahead”,”Die 4 You” e “Sides” sono state scritte con Blake Mills, produttore dell’album e già collaboratore in produzioni di Sky Ferreira, Fiona Apple, Alabama Shakes e John Legend, mentre in Sides è da sottolineare il bel featuring di Natalie Mering (a.k.a. Weyes Blood).
Senza alcun dubbio “No Shape” è l’album più coraggioso del cantante fino ad oggi, e forse anche il suo album più personale. Egli ci dimostra di essersi lasciato alle spalle una buona dose di timori e di essere pronto ad essere una futura popstar del panorama altenativo.
78/100
(Virginia Tirelli)