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“Vuoi vedere che alla fine salta fuori che andare a vedere Kamasi Washington nel 2017 sarà stato come andare a sentire Miles Davis nel 1957?”
La domanda che si è posto il nostro Giorgio Lamonica è senza dubbio il modo migliore per tirare le somme della serata trascorsa nel giardino bolognese che ospita la rassegna di concerti del BOtanique ad ascoltare il “grande gigante gentile” che con il suo sassofono ha ridato vita e spazio ad un genere ancora caro a chi nel 1957 se ne innamorava per la prima volta e a chi nel 2017 ci si approccia un po’ in punta di piedi. E in effetti l’incredibile eterogeneità del pubblico presente al BOtanique il 19 luglio è l’immagine perfetta di come la musica sia in grado di mettere insieme non solo persone diverse, ma anche generazioni diverse.
Il contesto dei giardini di via Filippo Re offre un ambiente così rilassato da far dimenticare l’afa che fino a qualche minuto prima sembrava rendere l’aria irrespirabile, mentre il palco semplice, spoglio di allestimenti di sorta ma ricco di strumenti, attende i suoi protagonisti.
La band, in formazione quasi interamente nuova rispetto al tour dello scorso anno (il bassista Miles Mosley sta attualmente promuovendo il suo disco solista, Uprising, mentre ritroviamo con piacere Patrice Quinn e la sua voce delicata ad accompagnare la band), sale sul palco e Kamasi la segue.
La sinergia tra i musicisti è pari alla forza del loro suono, impeccabile dalla prima all’ultima nota: il talento e il piacere (per non dire il divertimento) sono ben visibili a tutti.
Kamasi e la sua band suonano per intrattenersi (non siamo gli unici ad aver riconosciuto le note di Suit and tie di Justin Timberlake tra le risate del tastierista e gli sguardi complici del resto della band, giusto?) e per intrattenere il pubblico, lasciandolo entrare in quella dimensione sempre un po’ lontana che è rappresentata dal palcoscenico, scherzano fra loro e scherzano con chi li ascolta lasciandosi trascinare in quella dimensione solitamente così esclusiva.
A fine serata, mentre Kamasi ancora firma gli autografi e passa un po’ di tempo con il suo pubblico, ce ne andiamo dal BOtanique con la consapevolezza di aver visto qualcosa di più di un semplice concerto.
Con la consapevolezza che la musica e il jazz sono ancora lì, vivi e pulsanti.
(Giulia Capellini, Giorgio Lamonica)