Share This Article
Passano le edizioni e il Siren continua più a somigliare ad alcuni dei festival europei più invidiati. E non tanto per una questione di nomi in cartellone, ma quanto per lo spirito da festival. L’aver trovato quasi da subito una formula che comprende oltre ad ottima musica anche il mare, il fascino del centro storico di Vasto, oltre che la qualità del cibo, ha subito garantito al Siren una identità ben precisa. E se gli ultimi due anni il pubblico pare essere aumentato rispetto alle prime due edizioni, questo vuol dire che la formula escogitata si è rivelata quanto mai azzeccata.
Alla quarta edizione si è visto come si possa parlare di un festival a più livelli: per esempio quest’anno è apparsa più viva e interessante la programmazione in spiaggia, sia nella sua versione pomeridiana (prevalentemente acustica) che in quella notturna e danzereccia. Il pubblico ha dunque avuto un’esperienza a 360° potendo sfruttare anche il cartellone del Siren Beach (che si è svolto come di consueto al Lido Sabbia d’Oro di Vasto Marina), oltre a quella delle solite location nel centro storico. Tra i live acustici che si sono alternati nei due giorni principali del festival da citare Old Fashioned Lover Boy (che si è esibito anche con tre brani sul Vertical Stage, ovvero su un terrazzo in cima a una palazzo in centro) e Pietro Berselli, ma anche Andrea Laszlo De Simone, anche in veste acustica tra i mattatori del giorno.
In ordine sparso ci sono momenti memorabili in questa quarta edizione del Siren Festival. Tra i tanti sicuramente gli Arab Strap, una sorta di “concerto del cuore” per noi della redazione di Kalporz. L’entusiasmo con cui Aidan Moffat e soci sono tornati sui palchi quest’anno non può che lasciare entusiasta il pubblico che ha affollato il Cortile d’Avalos per la loro esibizione. Tra le conferme in crescita costante non possiamo tralasciare i Baustelle, che ormai costituiscono una certezza anche dal vivo e possono offrire uno spettacolo di alto livello. La scaletta scandaglia la carriera della band toscana, dalla recente “Amanda Lear” fino a toccare “Gomma”, uno dei brani del primo disco.
Sempre sul palco principale, uno dei nomi che ha maggiormente impressionato è Noga Erez, che si conferma come una delle realtà musicalmente più nuove ed interessanti del panorama internazionale. Suoni moderni, con uno spettacolo minimale che però non appare “vuoto”, anche grazie alla presenza scenica dell’artista: insomma l’album “Off the radar” si fa apprezzare anche dal vivo.
Sul palco (che essendo a terra fa quasi strano definire così) di Porta San Pietro colpisce il bersagli Andrea Laszlo De Simone, probabilmente l’uscita discografica “italofona” più interessante di questo 2017. Nel miscuglio sonoro creato dall’artista e dai suoi cinque musicisti sul palco finisce un po’ di tutto, con una netta predilezione per sonorità quasi prog e venate di psichedelia che si mescolano con battisti più ispirato della metà degli anni ’70.
Sempre sullo stesso palco il giorno dopo Populous porta le sonorità latine, tra cumbia e avant-reggaeton, di “Azulejos” e fa ballare lo spiazzo completamente gremito dal primo fino all’ultimo minuto della sua esibizione.
Altre note sparse dal Siren: conferme anche dal vivo per Colombre e i Gomma. Ghostpoet ha sempre e comunque una classe immensa. Carl Brave x Franco126 si confermano fenomeno del momento riempiendo a dismisura lo spazio davanti al palco principale. Gli inglesi Francobollo sembrano essere un progetto davvero interessante, da seguire in futuro. Cabaret Voltaire non ha deluso le attese. La creatura di Richard H. Kirk, unico titolare e unico performer dietro le macchine, ha definitivamente accentuato i toni techno del progetto. Le sonorità sono industriali, 90s, potenti e piacevolmente disturbanti. E poi, tra i momenti simbolici del festival, Jenny Hval che si esibisce con la sua performance, al solito intensa e ammaliante, davanti a un nutrito gruppo di fan di Ghali che erano assiepati in transenna in attesa del loro idolo che avrebbe suonato poco dopo. Nessun insofferenza, tanto rispetto per un’artista certamente non facile anche per un pubblico più adulto. Anche i più giovani, insomma, sembravano perfettamente in linea con questo spirito molto rilassato e aperto. Ghali dal canto suo si è dimostrato anche sul palco un artista intelligente e sul pezzo, forse l’unica vera speranza del pop italiano da classifica.
Non è difficile prevedere cosa succederà al Siren Festival di Vasto nei prossimi anni dopo i numeri di quest’anno (anche per Apparat e Allah Las è stata raggiunta subito la capienza del cortile interno). La strada intrapresa quattro anni fa è quella giusta: proposta musicale e organizzazione impeccabile come nel resto d’Europa, con quei valori aggiunti delle specialità culinarie del luogo e degli scenari paesaggistici che solo l’Italia può regalare.
Il prossimo anno iniziate a organizzarvi prima ancora di conoscere la line up.
Nei festival, lo capiremo per bene anche in Italia, a fare la differenza è l’idea e lo spirito.
(Francesco Melis, Piero Merola)
*Foto: Giulia Razzauti, Barbara Baldigari e Carlotta Valente www.facebook.com/sirenfestival