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Per chi va oggi a vedere concerti in locali al chiuso è assolutamente normale, ma non sempre è stato così. Sto parlando del divieto di fumo. Fino a un po’ di tempo fa, e in particolare fino al gennaio del 2005, fumare nei ristoranti, pub e – per quanto più ci interessa – locali dove si faceva musica dal vivo era possibilissimo. Anzi, la particolare categoria degli spettatori di live era molto esigente in questo, fumare era una preparazione del concerto stesso e una delizia per i momenti migliori dell’esibizione (particolarmente amati i momenti-ballad, ovvero canzone lenta dove lanciarsi in contemplazione dopo un po’ di salto/pogo/agitazione).
E per il sottoscritto la legge che ha introdotto questa regola di civiltà che ha salvato le nostre camere dalla puzza di fumo al ritorno dai locali ma ci ha privato di un po’ di gusto in più, cioé la fatidica “Legge Sirchia”, è inscindibilmente legata ai Kasabian. Sì perché il live del 29 gennaio 2005 al Transilvania di Milano fu il primo a cui assistetti con la legge in vigore, e con un’atmosfera del tutto stravolta rispetto al solito.
Niente sigarette, ambiente asettico, meno coinvolgimento, si potrebbe pensare.
Per fortuna i Kasabian sbaragliarono Sirchia con uno show spaccasassi che fece dimenticare l’assenza di nicotina.
Ricordiamoci tutti noi che ora schifiamo (giustamente) gli ultimi Kasabian quando li sentiamo passare su Virgin Radio che la band di Leicester era quella di “Reason Is Treason”. Effetti lisergici nell’ascoltatore senza aiutino chimico.
(Paolo Bardelli)
Link su Kalporz: recensione di “Kasabian” (BMG, 2004) a firma Hamilton Santià