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Uno dei misteri irrisolti dell’arte, e della musica, è l’idea dell’artista solitario, illuminato ed estroso, che ha l’intuizione geniale che tramuta immediatamente in opera, e più è istantanea e più è ispirata. Un’idea romantica, diciamo. Che si scontra con quanto da sempre molti cantautori invece ci dicono, ovvero che occorre molto lavoro, di cesello, di rifacimento, dedicando ore alla canzone come se lo si facesse in orario d’ufficio. Nick Cave docet.
A questa primordiale dicotomia di pensiero circa l’equazione ispirazione istantanea-produzione artistica si aggiunge l’ulteriore variabile del lavoro in squadra, come avviene in una band. Ma non solo, anche con i produttori. “Owner Of A Lonely Heart” degli Yes, conosciutissimo singolo della band del 1983, è paradigmatico in questo senso: la canzone originale, che noi oggi possiamo valutare perché pubblicata in demo nell’album di Trevor Rabin “90124” (2003), era davvero diversa, contenente tutta una parte AOR poi del tutto tagliata. Inizio che sembra una canzone dei Boston, strofa piuttosto fedele a quella che poi è stata registrata dagli Yes (tranne un cowbell troppo presente, ma il demo era inciso con un 4 piste dunque ovviamente il mixing era limitato), ritornello ancora in stile american-rock totalmente evitato. Trevor Rabin – chitarrista che sostituiva Steve Howe negli Yes – la incise nel 1980 e gli Yes la registrarono unicamente su pressioni del produttore Trevor Horn (“Video Killed The Radio Stars” vi dice qualcosa?) che intravide il potenziale “scuro” della strofa. C’è una sua intervista interessante e divertente su YouTube che fa capire tutto, in primis le resistenze degli altri e le difficoltà per farla diventare quello che è. Alan White ad esempio voleva un rullante molto pieno e potente come in uso all’epoca, Trevor Horn lo obbligò a usare un suono secco più simile a quello di Stewart Copeland. Il processo completo di trasformazione della canzone durò 7 mesi (!), un’eternità, da gennaio a luglio 1983.
Ma basta ascoltare il demo (attenzione inizia al minuto 1:30) per capire quanto lavoro c’era da fare.
Che poi, a dirla tutta, il successo planetario della song fu dovuto anche al compendio visivo, con quel video opera di Storm Thorgerson inquietante e conturbante. Storm Thorgerson fu il grafico delle copertine dei Pink Floyd, se qualcuno non lo sa, per cui in conclusione si può ben dire che, in questo caso, altro che artista solitario in cameretta: per fare quello che “Owner Of A Lonely Heart” è ci sono voluti un bravo compositore, dei musicisti eccezionali, un produttore illuminato e totalmente conoscitore del suono dell’epoca, un regista/fotografo visionario, tre anni di sedimentazione dei provini e 7 mesi di registrazione.
Da tenere presente, quando in una conversazione – e succederà – un qualche amico sosterrà l’intangibilità dell’illuminazione artistica.
(Paolo Bardelli)