Share This Article
I rapper indipendenti italiani, ma anche quelli meno indipendenti, sono sempre più presenti nei calendari dei club “indie” più famosi della penisola.
E i numeri fanno sempre impressione. È il caso di Willie Peyote, che al Locomotiv di Bologna, conquista un sold out senza fatica. Il primo concerto esaurito in prevendita della sua carriera, a un anno dal suo concerto bolognese al Covo, un altro tempio live della musica indie del centro-nord.
Tutto ciò è il sintomo di una scena italiana che sta cambiando, come gusti, soprattutto tra i più giovani (l’età media dei paganti oscilla intorno ai vent’anni), ma è anche inevitabilmente il sintomo di un’ascesa inarrestabile per Guglielmo Bruno, vero nome di Willie. Torinese, classe 1985, ha esordito nel 2011 con “Manuale del Giovane Nichilista”, cui hanno fatto seguito “Non è il Mio Genere, il Genere Umano” ed “Educazione Sabauda”, prima del suo ultimo lavoro, appena uscito a inizio ottobre, “Sindrome di Toret”, su cui si incentra ovviamente il live.
Willie Peyote riesce ad accontentare non solo i più giovani seguaci del rap, ma anche gli ascoltatori più “cantautorali”. E ovviamente i fan della prima ora. “I cani”, “Che bella giornata”, “Ottima scusa” e “C’era una vodka” sono ormai dei piccoli classici di genere. Qualcuno chiede a gran voce “Glik”, dedicata a uno degli ultimi idoli della tifoseria torinese, ma il brano, scritto nel 2014, non era in scaletta e alla fine ci si accontenta così. E alla fine del concerto non sembra pesare troppo visto l’entusiasmo generale che accompagna per un’ora Willie Peyote.
“Il lavoro nobilita l’uomo,
non questo non credo
E non mi serva la boccia di vetro
Merda già vi vedo fra dieci anni vi sarete mossi
ma non più di un metro”
(Giacomo Russo)