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John Dwyer è una personalità eccentrica. Frontman storico dei Thee Oh Sees, di recente in occasione della pubblicazione dell’ultimo disco ‘Orc’ (uscito su Castle Face lo scorso agosto) ridenominati semplicemente ‘Oh Sees’, il nostro eroe si distingue per il suo carattere esuberante, uno stile che peraltro trasmette perfettamente con la sua musica, e per essere una delle menti più estroverse e per la particolare prolificità per quanto riguarda le produzioni discografiche in studio.
Nulla di strano quindi se prima della fine di questo anno 2017 abbia sfornato un nuovo disco denominato ‘Memory of a Cut Off Head’ e uscito lo scorso 17 novembre sempre su Castle Face, adoperando stavolta la denominazione ‘OCS’ che fu il primo nome dato a quello che dopotutto è sempre stato soprattutto un suo progetto musicale prima che una vera e propria band e richiamando a sé la formazione originaria del gruppo con la vocalist Brigid Dawson, il tastierista Patrick Mullins e il batterista Nick Marrey e confermando il bassista Tim Hellman.
Il contenuto del disco consiste sostanzialmente in delle vere e proprie ballate acustiche psichedeliche e cantate per lo più dalla vocalist Brigid Dawson o in coppia con lo stesso Dwyer. Si alternano composizioni acustiche più minimali come la title-track, ‘Neighbour To None’, ‘The Fool’, ‘Chopping Block’ (che possiamo considerare come la versione OCS di ‘Space Oddity’); la beatlesiane ‘The Remote Viewer’ e ‘Lift a Finger (by the Garden Path)’ e momenti più particolari come ‘Cannibal Planet’ che ricorda alcuni momenti dei Pavement e di Stephen Malkmus oppure la solenne e evocativa ‘Time Tuner’ che fa il verso ai Velvet Underground & Nico.
Il risultato finale è un lavoro molto particolare e in cui è sensibile il contributo di Heather Lockie per gli arrangiamenti degli archi e quello di Mikal Cronan che invece si è occupato degli arrangiamenti dei fiati e che nel disco suona il sassofono.
Immaginifico e delicato (quasi ‘floreale’), paragonandolo alla recente produzione discografica degli Oh Sees, ‘Memory of a Cut Off Head’ quasi non un disco di John Dwyer, ma questa è probabilmente solo un’altra ragione valida per andarselo ad ascoltare.
72/100
(Emiliano D’Aniello)