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BRAINBLOODVOLUME è una nuova rubrica kalporziana di musica psichedelica liberamente ispirata agli studi di Hugo Bart Huges (oppure Hughes, 1934-2014), studioso olandese e fautore della “trapanazione”, una pratica sperimentale con la quale attraverso l’utilizzo di un trapano da dentista, si procedeva alla rimozione di un disco d’osso dal cranio al fine di“liberare” il cervello e facilitarvi il flusso di sangue e garantire la acquisizione di una maggiore coscienza e consapevolezza. Il raggiungimento di quelle capacità primordiali e primarie che abbiamo perso nel corso dell’evoluzione acquisendo la postura eretta e che perdiamo con la crescita delle ossa del cranio durante lo sviluppo.
Studi alternativi hanno dimostrato come l’ascolto prolungato di musica psichedelica, ossessioni droniche e visioni allucinate costituiscano una alternativa non invasiva alle pratiche della trapanazione. Una strada alternativa verso il raggiungimento di quello stadio evolutivo superiore denominato “homo sapiens correctus”.
Ogni quindici giorni circa Emiliano D’Aniello farà un riassunto dei dischi usciti nell’ultimo periodo e che possono (forse) farci evolvere in ascoltatori “correttamente psichedelici”.
Buon viaggio.
LAS COBRAS, “Temporal” (Fuzz Club Records, 2017)
72/100
Una delle novità della Fuzz Club Records per quanto riguarda l’anno 2017 è stata la pubblicazione di questo LP dei Las Cobras, duo proveniente dal Sud America (più precisamente dall’Uruguay) e che ripropone il continente come una florida realtà per quanto riguarda la neo-psichedelia dopo Follakzoid, Hurricane Heart Attaks, Holydrug Couple…
Sofia Aguerre e Leandro Rebellato (che peraltro sono una coppia anche nella vita di tutti i giorni) propongono con questo LP denominato “Temporal” una psichedelia semplice ma efficace e dal sound per lo più ossessivo e basato sul groove del basso e un uso efficace dei synth (“Beating Hard”, “The Time Has Come”, “So Much Love”…) riproponendo così una versione più minimalista quella che può essere la formula dei Moon Duo. A parte le sonorità pop di “Our Love Will Grow”, molti interessanti la title-track, una ballata psych che ricorda alcuni episodi dei primi Brian Jonestown Massacre e il sound desertico e ipnotico di “Al Mas Alla”, “Same & Again” e i sette minuti di “Temporal”, atmosfere intrise di quella magia sudamericana “triste, solitaria y final” e dei paesaggi delle pampas dell’Uruguay. Da segnalare la collaborazione del multistrumentista Diego Mercadal in tre tracce dell’album (“Beating Hard”, “Same & Again”, “Temporal”).
CURANDEROS, “Curanderos” (Fire Records, 2017)
76/100
I Bardo Pond dei fratelli John e Michael Gibbons sono storicamente tra i “campioni” del Record Store Day. Dopo avere proposto una trilogia di pubblicazioni sperimentali e poi nel 2016 una collaborazione con gli Acid Mother’s Temple e i Guru Guru, lo scorso anno il gruppo di Philadelphia (Pennsylvania) ha rilanciato con un progetto inedito, denominato “Curanderos” e messo in piedi dai due fratelli assieme al batterista Scott Verrastro dei Kohoutek, ensemble di musica psichedelica sperimentale dalla formazione particolarmente composita e principalmente dedita a registrazioni istantanee e frutto dell’improvvisazione.
Tra queste ci possiamo benissimo mettere questo disco, composto da una lunga composizione (“Mescalito”) divisa in due parti e che consiste praticamente in una specie di viaggio cosmico carico di sonorità noise e impregnato di elementi drone e post-industrial. Una jam session e una registrazione che guarda sicuramente verso orizzonti avanguardistici e quella che una volta si definiva come free-form ma che qui acquisisce quella “densità” tipica del sound dei Bardo Pond che anche in questo caso alla forma heavy-psych non manca di combinare aspetti concettuali di carattere meditativo e spirituali. Prodotto dallo stesso Michael Gibbons, il disco è una specie di perla rara nel genere e che costituisce un tipico prodotto che manderà letteralmente in estasi tutti gli ascoltatori appassionati.
TRUPA TRUPA, “Jolly New Songs” (Blue Tapes/Ici D’Ailleurs, 2017)
70/100
Una proposta che in larga parte possiamo definire come nuova, perché con “Jolly New Songs” (Blue Tapes/Ici D’Ailleurs) i Trupa Trupa di Grzegorz Kwiatkowski si propongono per la prima volta a una platea più ampia dopo il discreto successo ottenuto da “Headache” nel 2015. Registrato tra il 2016 e il 2017 presso i Dickie Dreams Studios di Danzica, Polonia, i Trupa Trupa propongono un sound di derivazione anglosassone ma che possiede caratteristiche proprie e peculiari, che lo rendono un episodio unico tra le pubblicazioni più recenti ascrivibile al genere psichedelico.
Carica di atmosfere surreali, la psichedelia dei Trupa Trupa, invece che rimandare a sonorità schizofreniche, è invece visionaria (grosso merito va alla scrittura di Kwiatkowski) e composita come un’opera pop-art: le composizione sono costruite per lo più su patterns e arpeggi minimali sostenuti dal suono vigoroso del basso e la particolarità dei tempi della batteria. Il sound rimanda a sonorità che definirei come post-rock, ma senza quella pomposità tipica di alcuni gruppi del genere come Explosions In The Sky oppure Godspeed You! Black Emperor. Al contrario i contenuti aprono spesso a soluzioni di tipo melodico, interrotte da scariche noise nello stile classico dei Sonic Youth. Molto particolare e brillante la intuizione nell’utilizzo delle voci e dei cori (“Falling”, “Only Good Weather”, “Leave It All”, “Love Supreme”, “Never Forget”…) che nell’assumere un carattere ripetitivo divengono efficaci e ipnotici come uno strumento, creando atmosfere liquide nelle quali ci immergiamo lentamente, chiudendo i nostri occhi.
PRETTY LIGHTING, “The Rhythm Of Ooze” (Fuzz Club Records, 2017)
78/100
Ci sono veramente un sacco di belle idee nel disco di questo duo di Saaarbrucken (Germania). Christian Berghoff e Sebastian Haas sono amici da una vita e hanno fondato il progetto Pretty Lighting nel 2007 prendendo come punti di riferimento il blues del delta e il kraut-rock. L’obiettivo era chiaramente combinare assieme queste due sonorità che del resto si fondano entrambe a livello elementare su composizioni ripetitive e ipnotiche. Caratteristiche che del resto sono quelle che propongono in questo disco intitolato “The Rhythm Of Ooze” e pubblicato su Fuzz Club lo scorso novembre. Va detto che non possiamo propriamente parlare di un disco che riproponga il sound dei due generi su menzionati, che dobbiamo considerare più come un punto di riferimento, anche perché chiaramente l’obiettivo è quello di proporre sonorità nuove e se possibili inedite.
La ripetitività in maniera ipnotica dei suoni e delle scelte “sintetiche” del gruppo è comunque una costante in alcune tracce come “Thunder Mountain Return” oppure “Tangerine Steam” oppure la litania tibetana “Rainbow Fantasies”, il drone di “This Machine Is Running”. La stessa “The Rhythm Of Ooze”, la title-track e forse la combinazione migliore tra kraut-rock e blues (unitamente alla lunga session di “Born To Snooze”), assume un carattere ripetitivo con l’aggiunta di elettrificazioni e riff di chitarra carichi come pistolettate. Il delta di “Pale Yellow”, il sound acido di “Moles”.
In altri casi il gruppo ripropone quel sound garage psichedelico carico di distorsioni tipico dei momenti migliore dei BRMC (“Willow Valley Blues”, “Loops”) rivelando in ogni caso la indole fondamentalmente rock and roll di un duo che qui ha fatto perfettamente centro e che va sicuramente tenuto d’occhio per il futuro.
THE STEVENSON RANCH DAVIDIANS, “Amerikana” (Picture In My Ear Records, 2017)
81/100
Ci sono voluti quasi dieci anni prima che Dwayne Seagraves ritornasse in uno studio di registrazione. Il nuovo disco si intitola “Amerikana” ed è stato pubblicato lo scorso giugno su Picture In My Ear Records. Dwayne ha concepito e scritto l’intero album da solo e realizzato probabilmente il migliore disco della sua carriera come musicista. Va detto a tale proposito che peraltro anche anche i due precedenti dischi(“Psalms, Hymns, & Spiritual Songs” e il già citato “Life & Death”) sono tra il meglio nel genere psichedelico dello scorso decennio e che suggerisco di recuperare a tutti gli appassionati del genere.
“Amerikana” riprende le sonorità tipiche e lo spirito della controcultura psichedelica della Southern California degli anni sessanta ispirandosi concettualmente a celebrazione della spiritualità degli individui come vera e autentica forza capace di portare avanti la storia dell’uomo a dispetto di qualsiasi divinità o istituzione. Il disco contiene canzoni che si potrebbero ascrivere alla psychedelia folk (“Holy Life”, “Love Is A Big Light”, le ballate “Binary Pop” e “Hard Living”), veri e propri suggestivi recital blues come “Hard Livin’”, “Om g”, “The High Meadow”, il John Lennon di “PsyOp” e l’ipnotismo acid rock di “Wack Magick”. Radunata attorno a sé una nuova band composta dalla storica bassista Jessica Latiolait, un big come Rob Campanella (The Brian Jonestown Massacre, The Quarter After) e suo fratello Andy alla batteria, il chitarrista Misha Bullock, l’auspicio è che questo nuovo disco non costituisca un singolo episodio, ma il ritorno in pianta stabile di un grande scrittore di canzoni e incantatore di serpenti nella cui anima brucia lo stesso sacro fuoco di Jim Morrison .
SNAKES DON’T BELONG TO ALASKA, “Ancient Alien Tempel Ritual” (Cruel Nature Records, 2017)
75/100
Negli ultimi mesi ho cominciato a tenere sott’occhio questo trio heavy-psych proveniente da Newcastle Upon Tyne, Inghilterra. Si tratta de gli Snakes Don’t Belong To Alaska, un progetto formato nel 2014 da Chris Watson, Aaron Bertram e Alex Johnston. Per quanto si tratti di una band relativamente nuova nel circuito underground del Regno Unito, il terzetto si sta facendo conoscere ultimamente grazie alle proprie particolari performance dal vivo che costituiscono in generale in una grande lunga session di musica acida psichedelica devota agli Ash Ra oppure agli Acid Mothers Temple e per la quantità industriale di produzioni clandestine in molti casi registrate dal vivo o pubblicate solo su cassetta e in edizione limitata come in questo caso specifico.
“Ancient Alien Tempel Ritual” è stato realizzato in collaborazione con la Cruel Nature Records, una piccola etichetta di Newcastle Upon Tyne che si è specializzata nella pubblicazione di registrazioni clandestine di gruppi appartenenti alla scena alternative del Tyne and Wear nel Nord-Est dell’Inghilterra. Regostrato presso i Soundroom Studios tra Newcastle Upon Tyne e Gateshead, “Ancient Alien Tempel Ritual” si divide in due tracce di quindici minuti. Entrambe le lunghe session propongono il sound tipico della band che si costituisce in composizioni psichedeliche acide sostenute dal vigoroso suono del basso e che si alternano tra trance meditative e mantra drone ossessivi nello stile Radar Men From The Moon oppure Cosmic Dead. Senza consideare le performance vocali cariche di eco e distorsioni e che riprendono l’espressionismo astratto delle urla di Keiji Haino. In definitiva si tratta di una proposta sicuramente sperimentale ma anche molto concreta di un gruppo che è praticamente pronto per effettuare il grande salto e proporsi con vigore anche oltre il canale della Manica.
TEMPLE OV BBV, “Temple ov BBV” (Rocket Recordings, 2017)
85/100
Hugo Bart Huges (oppure Hughes, 1934-2004) è stato uno studioso olandese e una figura particolarmente eccentrica e molto discussa in ambito scientifico specialmente a cavallo tra gli anni sessanta e gli anni settanta. A parte che per avere divulgato le sue sperimentazioni nel campo dell’assunzione di sostanze come marijuana oppure LSD (ragione per la quale gli fu negata la laurea in medicina), Huges è soprattutto conosciuto per essere stato il fautore della “trapanazione”. Le sue sperimentazioni consistevano nel “trapanare” letteralmente il cranio per rimuovere un disco d’osso e “liberare” il cervello aumentandone il volume del sangue e garantire uno stato di coscienza più completo. Alla fine lo rinchiusero in un manicomio psichiatrico, ma le sue sperimentazioni furono comunque influenti e considerate da altri appartenenti alla comunità scientifica.
Temple ov BBV è un progetto che vede collaborare assieme i Radar Men From the Moon e gli GNOD e che prende il nome da un’opera di Huges del 1964 intitolata “The Mechanics Of Brain Blood Volume” (BBV). Registrato in soli quattro giorni, il disco è stato pubblicato su Rocket Recordings il 30 giugno 2017. Le due band hanno affrontato le session di registrazione come se queste fossero una sfida alla sperimentazione più estrema. Il risultato è chiaramente uno dei dischi più interessanti pubblicati negli ultimi mesi ottenuto combinando il drone tipico dei RMFTM e la attitudine hardcore GNOD: composizioni di carattere ossessivo, completamente allucinate come un incubo generato dalla mente di David Cronenberg e che raggiungono quelle vette di sperimentalismo degli avanguardisti degli anni sessanta-settanta oppure della no-wave di NYC. “Temple ov BBV”: un disco che vi farà letteralmente scoppiare la testa.
(Emiliano D’Aniello)