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“Ci sono teorie, si sa, secondo cui Armstrong non sarebbe sbarcato sulla Luna, il 20 luglio 1969. Ombre sbagliate, il vento che muove la bandiera americana mentre sulla Luna non ce ne dovrebbe essere, insomma una serie di presunte incongruenze per una delle più suggestive teorie dietrologiche. Ma c’è una sicurezza: gli ascoltatori sono sbarcati sulla Luna nel 1998, con “Moon Safari”. Così si apriva la nostra recensione di “Moon Safari” (scritta nel 2008), e tutto quanto può essere confermato anche oggi. L’album di esordio degli Air conserva immutato il fascino anche a distanza di venti anni, per cui ci siamo chiesti cosa abbia significato per noi questo disco che oramai ha assunto un’importanza quasi mitologica.
“Moon Safari” degli Air è un caso più unico che raro per la musica realizzata negli Anni Novanta, tante sono le influenze di generi e artisti provenienti da diverse epoche a collidere in un album d’esordio imprescindibile alla nascita del filone downtempo. I primi sintomi elettronici in collaborazione con Etienne de Crécy hanno infatti lasciato spazio ad una visione pop più ampia che si avverte fin dalle prime note de “La Femme D’Argent”, in quel moog a braccetto di un funk sincopato debitore di Edwin Starr. “All I Need” fonde magicamente la poesia lirica di un Nick Drake o una Joni Mitchell – testo e voce sono di Beth Hirsch – ad eleganti sonorità lounge ma allo stesso tempo avveniristiche, diventando il punto focale del viaggio che si ripeterà a distanza di quattordici anni con “Le Voyage Dans La Lune”. L’altro singolo “Sexy Boy” tiene alta la bandiera nazionale e suona come una canzone di Serge Gainsbourg eseguita da una band new-wave.
L’arte di Jean Benoit Dunckel e Nicolas Godin è fatta in egual misura di psichedelia gentile, elettronica analogica e magnetismo da colonna sonora: “Le Voyage De Penelope” nei suoi accenni prog rimanda a Pink Floyd e Yes di inizio anni settanta, laddove altri brani citano l’opera colta di Burt Bacharach (“Ce Matin Là”) ed Ennio Morricone (“You Make It Easy”). Ai posteri l’ardua sentenza, tuttavia questa raccolta è ancora oggi insuperata per bellezza e forza comunicativa, che ha saputo (ri)creare un immaginario senza tempo negli ascoltatori di tutto il mondo.
(Matteo Maioli)
Questo è il primo ventennale che non è un ventennale. “Moon Safari” infatti non ha vent’anni, potrebbe averne quaranta, oppure anche solo dieci. O magari duecento. Tutto è relativo. La stessa luna quanti anni ha, questa sera? Qualche milione di anni, o forse solo qualche minuto? Per gli innamorati, la luna è l’adesso. E come per loro noi innamorati dell’esordio degli Air cogliamo, ancor oggi più di allora, l’assoluta neutralità temporale di quei suoni, e la loro conseguente immortalità.
(Paolo Bardelli)
In fondo non sembrano solo vent’anni. Sì, di solito si dice a proposito del dimostrarne meno! Però nel caso di “Moon Safari” la dimensione temporale va un po’ a farsi benedire. Ricordo quel tardo pomeriggio in cui vidi “Sexy Boy” su Videomusic, anzi era TMC2. Ecco, appunto, questo sta a testimoniare che gli Air, per quel che mi riguarda potrebbero benissimo esserci dal 1988. Quel video con i disegni statici e aggraziati, quell’accento, il tocco psichedelico, le melodie a spirale (loro trademark ma lo avrei saputo poi) mi misero la fregola di saperne subito di più. E quella smania, in epoca pre-adsl era come carburante, libido, molla che mi fece poi amare quel disco con “Kelly Watch The Stars” in vetta a tutto. Un album fatto di cinema, poesia, Europa, tempo dilatato ed emozioni cristallizzate. Quando si fa il solito, rovinoso discorso sugli album imprescindibili, capita che io non lo tiri fuori tra i primi. Però quando si arriva a nominarlo è immancabile quel “ma non l’avevo già detto, Moon Safari?”.
(Marco Bachini)
Quando pensiamo agli Air, all’impatto che Nicolas Godin e Jean-Benoît Dunckel hanno avuto sul panorama musicale degli ultimi 20 anni, pensiamo necessariamente a “Moon Safari”.
Che si tratti di “All I Need” o “You Make It Easy” – tracce entrambe rese indimenticabili dalla voce celestiale di Beth Hirsch – “Sexy Boy”, “Kelly Watch The Stars” o strumentali come “La Femme d’Argent” e “Ce Matin La”, il risultato non cambia: “Moon Safari” resta uno dei principali punti di riferimento nell’universo in cui si intrecciano pop, lounge ed elettronica; uno dei dischi fondamentali a cavallo tra i due millenni; il capolavoro degli Air.
Così, inevitabilmente, dopo la sua uscita, nel gennaio 1998, “Moon Safari” è rimasto il termine di paragone per tutta la produzione successiva del gruppo di Versailles.
(Tommaso Artioli)
A venti anni di distanza dall’uscita siamo di fronte ad una pietra miliare della vague downtempo. Il duo Godin /Dunckel decide di andare contro la moda veloce e giocare con la magia dei suoni da «bourgeois Versaillesi » costruendo un album diventato di riferimento nel suo genere. “La femme d’argent” sono sette minuti di puro piacere, dove il duo mette in scena la propria opera senza volersi scoprire ma accarezzando il gusto di ciò che troveremo in seguito. “Sexy boy” è il primo vero atto, un asteroide di grossa portata nello scenario del downtempo, mentre “All I need” è la ballata dolce e remota che ci rimette in pace con noi stessi. Successivamente Kelly vede le stelle ma poi ritorna reale e vince la sfida contro l’audace avversaria. “Talisman” resta, per me, la più enigmatica ed accattivante canzone dell’album messa nel mezzo per scandire le due fasi. “Remember” e “You make it easy” sono due gentili carezze che provengono da mani amiche. “Ce matin là” è il risveglio, sono i giochi d’acqua delle fontane dei giardini del palazzo di Versailles, è l’effervescenza delle sonorità. “New star in the Sky (chanson pour Solal)” è la canzone dell’esistenzialismo, del rapporto con noi stessi, delle domande che ci poniamo. “Le voyage de Pénélope” è infine una degna malinconica chiusura dell’album, quando una bella opera cinematografica finisce arrivano i titoli di coda e riprendiamo le nostre cose per tornare nel mondo reale.
“Moon safari” fu per me la colonna sonora di una vacanza estiva in Corsica votata all’avventura (e con Milan Kundera nello zaino) ascoltato « en boucle » in automobile. Air è un gruppo a cui tengo particolarmente, per il loro essere volutamente preziosi e sfacciatamente estetici.