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Correva l’anno 2004, il volto angelico e pulito di Paul Banks nascosto da grandi occhiali sixties, cantava in C’Mere: “the trouble is that you’re in love with someone else, It should be me”, uno dei brani di “Antics”, secondo lavoro degli Interpol che non calcano il palco da ben 4 anni. Considerato da molti una spanna sopra il primo disco (ma la discussione è ampia e difficile) l’osannato “Turn on the Bright Lights”, “Antics“ è stato una ventata d’aria fresca nel panorama musicale di allora, regalando brani senza tempo come “Evil”, “Public Pervert” e la preghiera sospesa di “Next Exit”. E’ uno di quegli album che potremmo definire energicamente malinconici, una risposta newyorkese alla vecchia new-wave britannica, che ha consacrato gli Interpol tra le band dark del momento.
E come a chiudere idealmente un cerchio gli Interpol saranno tra gli headliners del British Summer Time Hyde Park per il 40° anniversario dei Cure, occasione per festeggiare anche i loro 15 anni di carriera: nati con le distorsioni e voci profonde dal retrogusto dark che negli anni 80 rispondeva al nome Joy Division e The Cure, non potevano che finire lì. La miscela newyorkese di rock alternativo e indie, con l’aggiunta di una pesante dose di oscurità, alla base di “Antics” ha contribuito infatti a costruire quel ponte tra la new wave americana di inizi 2000 e quella degli 80’s inglese, un revival di cui Banks & Co. non possono che andare fieri.
E ciò ci conferma la circolarità delle cose, corsi e ricorsi: suggestivo, vero?