Share This Article
Ho avuto una piacevole chiacchierata con Gabriele Fiori. Fondatore e frontman dei Black Rainbows e figura chiave della scena heavy-psych italiana, Gabriele Fiori è anche il titolare della Heavy Psych Sounds Records, etichetta che si sta affermando sempre di più in Italia e in generale come uno dei principali punti di riferimento per quello che riguarda heavy-psych, stoner, acid-rock, sludge, doom… Un genere che dal 2012 sta avendo una specie di “rinascita” almeno per quello che riguarda l’audience, dato che le band di buon livello, come ci spiega lo stesso Gabriele in questa intervista, in verità non sono mai mancate.
Una discussione amichevole e che considero ricca di spunti interessanti per quello che riguarda la scena heavy-psych italiana e internazionale e il mercato discografico. Soprattutto un modo per presentare e far conoscere a tutti una realtà tutta italiana che in campo musicale costituisce una specie di eccellenza.
Ringrazio ancora una volta Gabriele per la disponibilità e la cortesia nel rispondere in maniera dettagliata e completa alle mie lunghissime domande.
Buona lettura.
1. Ciao Gabriele. Ti ringrazio molto a nome mio e della comunità di Kalporz per avere accettato di rispondere alle mie domande. Devo ammettere che pure conoscendo l’etichetta, mi sono colpevolmente interessato da poco tempo al mondo Heavy Psych Sounds Records. Se non ti spiace, comincerei con il chiedere come e quando è cominciata questa esperienza. Se nasce sulla scia di precedenti esperienze nel mondo delle etichette discografiche e della musica in generale e se c’è un riferimento che hai preso diciamo come “modello” su cui orientare il tuo lavoro e le diverse produzioni (e promozioni) su cui lavorate e avete lavorato finora.
GF. Ciao Emiliano, comincio subito con la prima domanda e risposta.
Diciamo che alla formazione di un’etichetta vera e propria ci siamo arrivati per gradi. Il percorso è stato lungo, non è che la cosa sia nata da un giorno all’altro. L’etichetta è nata però dall’esigenza di promuovere la mia band, Black Rainbows, e di promuovere un po’ la scena italiana psichedelica. La primissima uscita è una compilation che si chiamava “The Heavy Psych Italian Sounds” e con una fotografia di tutta la scena in quel momento. Avevamo già un’etichetta francese con i Black Rainbows, così ho cominciato a affiancare questa etichetta con le uscite dei Black Rainbows, mi sono cominciato a appassionare e a vedere come funzionava tutto il sistema di distribuzione e promozione. Andando in tour con tante band interessanti e conoscendole personalmente, mi sono proprio proposto di fare appunto delle “uscite”. Tra le prime uscite vediamo Karma To Burn con un EP eponimo molto interessante, i Naam che allora erano una bella band… Affiancando queste pubblicazioni con le uscite più piccine che sono state Ape Skull, Tons e tutte le uscite dei Black Rainbows, Farflung… Le uscite dei Black Rainbows sono state comunque abbastanza importanti anche dal punto di vista del supporto economico.
Questa è un po’ la storia delle origini dell’etichetta.
C’è un modello? Be’ sì. Sicuramente all’inizio guardavo sicuramente a etichette come Tee Pee Records, Small Stone Records, la Napalm, la Nuclear Blast, che magari era un po’ più grande… Un grande aiuto l’ho avuto da Davide di Subsound Records, che lavorava già da parecchio tempo con la sua etichetta: mi ha aiutato e mi ha insegnato un sacco di cose e addirittura adesso collaboriamo assieme in un sacco di progetti.
2. Sicuramente la Heavy Psych Sounds Records ha un orientamento per quello che riguarda il sound che è abbastanza definito. Pure con la inevitabile varietà di generi e diverse influenze, possiamo dire che come da nome, l’orientamento generale sia privilegiare la produzione e diffusione di musica heavy-psych e generi che possono variare dallo stoner allo sludge e l’acid rock. L’etichetta ha inoltre un carattere sicuramente “internazionale”: non siete votati a lavorare solo con artisti italiani, anzi direi che per quanto vi riguarda non vi siano affatto quelle che si potrebbero considerare come barriere geografiche. Da questo punto di vista, l’ispirazione, diciamo così, viene da uno specifico movimento musicale e da una particolare fase storica? Che tipo di feedback ricevete in generale in Italia e all’estero? Questo per quello che riguarda gli artisti che decidete di produrre e promuovere e anche diciamo sul piano più strettamente “commerciale”.
GF. Sì, assolutamente hai detto bene: non c’è una caratterizzazione o comunque una barriera geografica, perché se una band è figa, che sia spagnola, portoghese, messicana, brasiliana o statunitense, ci interessa. È chiaro in ge che gli statunitensi hanno una attitudine più interessante e arrivano molto meglio agli ascoltatori. Direi che per quanto riguarda l’Italia in questa lista, per conoscenze personali, si riesce a fare qualche cosa, perché abbiamo alcune band amiche e con cui vogliamo ogni tanto lavorare. Però diciamo che la scena italiana è quella che è anche dal punto di vista delle vendite e del mercato.
Feedback? Be’, la Heavy Psych Sounds sta diventanto una delle realtà più grandi che c’è di questa scena e sì, è votata sicuramente a questo genere, relativa a questo genere e ti posso dire che adesso vedrai che annunceremo un artista molto grande, ma tutta la scena psichedelic-rock, stoner ci interessa. Lavoriamo attivamente con Nebula, Nick Olivieri dei Kyuss, Hernandez dei Kyuss, Mario Lalli dei Fatso Jetson. Tutta gente che ha creato questa scena. Diciamo che forse siamo l’etichetta che supporta di più quelle che sono state le radici del genere in maniera molto fiera. In più tutte band che possono andare dal doom allo sludge. A partire dal batterista degli Electric Wizard con il suo nuovo gruppo a tantissime altre band retro-rock tedesche, americane, newyorkesi. Doom, sludge. Un po’ di tutto.
Sì. Comunque tutto viene da tutta la scena dalla scena heavy-psych, stoner e psichedelica di inizio anni novanta.
3. Tra le iniziative dell’etichetta vi è anche il recupero di produzioni discografiche del passato con la ristampa di alcuni “classici”. Per esempio in questo inizio 2018 avete inaugurato una serie di tre ristampe dei Nebula di Eddie Glass, a partire dal loro primo storico EP “Let It Burn” del 1998. Questa è chiaramente solo una delle “riproposizioni” (se possiamo definirle così) dell’etichetta e un’operazione secondo molto importante e interessante sia sul piano strettamente musicale che sul piano storico. Non vivendo il mondo delle etichette discografiche dal di dentro, posso chiederti come vi muovete quando decidete di voler proporre la ristampa di qualche lavoro del passato? Entrate in contatto diretto con gli artisti e/o le band? Quali criteri adottate poi nella scelta? Ci sono dei “pallini storici” che selezionate in base all’orientamento dell’etichetta (ovviamente) e ai vostri gusti? C’è una qualche ristampa di cui vai particolarmente fiero? C’è invece un vecchio lavoro che ti piacerebbe poter ristampare? E ovviamente perché.
GF. Le ristampe non sono una priorità. Poiché produco i The Freaks di Ruben Romano, batterista fondatore dei Nebula e standoci molto in contatto, gli proposi questo progetto di ristampare degli album a me molto cari e quindi con l’occasione si è creata questa ristampa di questi dischi. Capiti qualche volta di ristampare dei vecchi dischi. Ad esempio abbiamo ristampato il disco di una band italiana del 2002, gli E.X.P. che era un disco secondo me incredibile e lo ho voluto ristampare prendendo dei rischi. Sono in procinto di ristampare un disco di un’altra band abbastanza sconosciuta, ma sono dischi bellissimi…
Sicuramente i dischi che piacciono di più a me sono forse quelli più a “alto rischio”. Certo, ci sono comunque dei dischi che produco per il bene dell’etichetta, che sono comunque di band interessanti e che hanno molto seguito, ma non posso fare cose dettate solo dal mio gusto personale, altrimenti non avrei supporto di nessuna parte dell’audience. Mi presto comunque a fare delle cose che non mi fanno impazzire, visto che comunque è aumentata molto la produzione. e ti dicevo appunto ecco qualche ristampa
La ristampa del disco degli E.X.P. del 2002 che ho fatto è qualche cosa di cui vado fierissimo. Band italiana che pubblicava in un periodo che fu sicuramente negativo per il genere, il momento più devastante. Veramente non se li filava nessuno. La band poi purtroppo poi si sciolsce. Un momento buio. Anche in quel periodo c’erano Nebula e tanti altri gruppi validi, ma assolutamente non c’era non tutto questo hype che c’è oggi.
Dovrei poter ristampare questo disco del 2007, quando è ricominciata una certa ondata con Witchcraft e altri. Questo gruppo sono i Dzjenghis Khan con al basso Carson.Binks dei Wild Eyes, che pubblico sempre con la mia etichetta: è un disco molto bello. La prima band che ha ritirato fuori il retro-rock, il rock settanta registrato proprio lo-fi: un disco fichissimo che dovrei sicuramente ristampare. Purtroppo ho tante priorità prima, ma si farà sicuramente.
4. Veniamo invece a quello che possiamo definire come il “roster” dell’etichetta. Intanto ho visto che è stato da poco pubblicato l’ultimo disco dei Wedge, “Killing Tongue”. Non l’ho ancora ascoltato (purtroppo) ma conto di farlo al più presto, sinceramente mi aspetto una vera e propria bomba. Possiamo trovare una costante all’interno dei gruppi prodotti dall’etichetta. Abbiamo chiaramente accennato al tipo di sound, e questo è un fattore ovviamente determinante e anche una costante, ma c’è un filo comune che lega tutte queste collaborazioni e queste esperienze tra di loro su di un piano concettuale? Con riferimento al nostro paese, possiamo dire che ci siano anche in Italia gruppi che rientrano all’interno del vostro “range” di riferimento? Non menzionerò sicuramente tutti gli artisti, ma per dire in Fvzz Popvli oppure Giobia, che sono realtà nostrane nel campo delle sonorità heavy-psych, riconoscete lo stesso imprinting che band come White Hills oppure artisti come Nick Oliveri oppure gli stessi Nebula? Che attenzione c’è all’estero nei loro confronti?
GF. Un filo conduttore c’è: tutto quello che proviene dalla scena retro-rock, rock settanta, hard-rock, stoner, heavy-psych, sludge, doom o cult-rock. Tutto quello che c’è, ci interessa insomma: dischi di band che si sbattono, che si fanno vedere, hanno visibilità e che fanno buona musica. Quindi questo è un po’ se vogliamo il nostro “standard”.
Mi piace lavorare con tutte queste band. Sono band che magari incontro personalmente. Anche questo aspetto è importante.
In pratica posso dire di conoscere personalmente quasi tutte le band in un modo o nell’altro, facendole viaggiare anche con i tour.
Sì. Fvzz Popvli, Giobia diciamo che sono band che hanno la stessa attitudine di altre come quelle che hai menzionato. Come i Nebula e altre. Sì, ci sono band più grandi come Ufomammut nella stessa nazione, in Italia, ma come in Germania ad esempio ce ne sono più grandi come – non so – i Kadavar e i Wedge più “piccolini”. Ogni stato insomma ha le sue band. E come in tutte le cose c’è uno scambio e una specie di interazione. Ma per quello che riguarda il feedback la cosa dipende da tante cose. Mi ricordo i Farflung: Belgio, Olanda, Germania, Austria e Svizzera erano molto conosciuti. In Francia e Spagna proprio zero. Ci sono band che vanno benissimo in Spagna e che magari sono più rock’n’roll e piacciono di più. I Clamps ad esempio in Spagna vanno molto bene. I Wedge in Spagna vanno molto bene. Invece band che uno si aspetti che vadano bene in alcuni posti, magari non hanno audience.
C’è molta varietà, non c’è un limite perché una band sia italiana o meno.
Comunque abbiamo una scena incredibile. Soprattutto abbiamo una tipologia di musica che esce un po’ dai cliché. Facciamo delle cose anche un po’ nostre e particolari. La scena italiana è molto interessante.
5. Parliamo di un tema forse meno affascinante e più “concreto”: quello della realtà del mercato discografico. Ma al di là della passione (che di per sé è qualche cosa di più che lodevole e meritevole per quello che è il mio punto di vista da grande appassionato di musica) vale veramente la pena di tenere in piedi un’etichetta discografica? Non voglio chiaramente fare i conti in tasca a nessuno, non mi piace neppure parlare di soldi, dico solo: riuscite a starci dentro? A parte questo, mi sembra che l’etichetta abbia mosso i primi passi nel 2007, che cosa ci potete raccontare dell’esperienza di questi undici anni? Ci sono stati dei cambiamenti? È veramente la “musica liquida” a uccidere il mercato discografico oppure il disinteresse generale? Infine che cosa ci dobbiamo aspettare prossimamente dalla Heavy Psych Sounds Records? Cosa avete in cantiere per il prossimo periodo?
GF. L’etichetta va molto bene. Dipende comunque un po’ dalla rinascita del vinile dal 2010 circa e dal fatto che questa scena sia molto florida e dal 2012 in poi sta conoscendo comunque un grande ritorno. Del resto dipende anche da questo: chiaramente se con la tua etichetta fai hardcore che adesso non va per niente, è chiaro che la cosa non funziona, perché vivi anche del riflesso di come vanno le cose.
In questo momento c’è attenzione in questo genere e quindi si vendono dei dischi, ma comunque si sono sempre venduti: perché questa scena che è fatta di trentenni, cinquantenni, sessantenni, ci sono comunque persone che comprano merchandise. Magari ci sono quaranta persone a un concerto, ma tutti comprano qualcosa e supportano economicamente, perché si fa un bel merchandise.
Ci sono stati dei cambiamenti? Certo. Siamo cresciuti da fare tre release all’anno, mentre adesso ne facciamo venti in quattro mesi. Tutti nomi importanti. Sempre di più. Stiamo crescendo. Per il futuro che cosa ci dobbiamo aspettare? Be’, spero sempre nomi più grandi, nomi più interessanti, uscite più importanti… Anche se non si sa mai. Qui il mercato cambia ogni quattro, cinque, sei mesi. Le vendite non si sa mai come possano andare. Adesso le vendite dei cd sono in crisi, quindi non si sa mai cosa possa succedere.
Sicuramente mi vorrei concentrare di più su un mucchio di band, tipo cinque o sei, per creare un vero e proprio “roster”. Ogni etichetta ha le sue velleità. Ci sono etichette che hanno due nomi e spingono solo quelli. Etichette che fanno tantissime uscite e le fanno in una certa maniera. Noi abbiamo un nostro imprinting che è quello di fare booking e fare uscite discografiche di un certo tipo.
Però è chiaro che la situazione è cambiata.
Stiamo per firmare con un artista molto grande, che porterà (speriamo) l’etichetta su un nuovo livello. Soprattutto dopo i Nebula che hanno portato parecchio lustro all’etichetta. Ma tutte le band sono valide. Ogni disco che produciamo, seppure se la band possa essere sconosciuta, non è male e merita grande attenzione.
Ti ringrazio molto Emiliano per lo spazio. Ci vediamo in giro. A presto.
Emiliano D’Aniello