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I Futbolìn me li ricordo perfettamente perché quella volta che un amico mi fece vedere il loro video con il dinosauro-pupazzo che girava per casa e guardava jurassic park io ero alla guida, e mentre guardavo il display del cellulare e agitavo la testa al ritmo compulsivo delle chitarre sono finito con la macchina a bordo strada, con le ruote sulla sabbia. Il pezzo era una bomba, per cui abbiamo aspettato che finisse, e solo dopo siamo scesi dall’auto per spingerla e rimetterla in carreggiata. Questo giusto per capire come ci si debba approcciare a questa band…
Quest’anno, dopo tre anni, i Futbolìn sono tornati. Come annunciano orgogliosi sulla loro pagina bandcamp, è la prima volta che rilasciano il loro secondo EP, e ascoltandolo si capisce che i ragazzi di Verona hanno trovato la loro via d’espressione più naturale: ritmiche serrate, chitarre a disegnare melodie al fulmicotone, voce urlante, cambi di tempo come se piovesse, un impatto sonoro devastante e quell’unione di armonia e caos che, personalmente, mi è sempre piaciuta. Apparentemente niente di nuovo rispetto a quanto ci si possa aspettare da un gruppo screamo convenzionale, se non fosse che questi ragazzi di convenzionale hanno ben poco.
Al di là del tiro micidiale che lascia presagire che genere di esperienza devastante possa essere un loro live, è la loro capacità compositiva che colpisce immediatamente: in 6 brani e in meno di 15 minuti il trio ci porta sulle montagne russe, in una vera e propria girandola emotiva che ci disorienta e ci sbatte da una parte all’altra, senza mai avere la certezza di essere in un punto preciso e trovandoci sempre allo stesso tempo qui e altrove. L’incipit dell’album, Fox, lascia presagire subito quel che succederà: con quel basso metallico e sintetico che sembra un videogioco e quella voce non ancora urlante che ci accompagna dentro ad una stanza in cui presto accadrà l’imprevedibile. E così ecco subito il mathrock affilato e tagliente di French Fries, la follia melodica delle riuscitissime Couch e Franz, che conducono le sonorità screamo verso territori più marcatamente hardcore (c’è una qualche reminescenza degli At The Drive-In dei tempi migliori); si procede con la freschezza punk di Filters, forse il brano più “formato-canzone” di tutto il disco, per poi chiudere con la rabbia soffocata e deflagrante di (Greetings from) Malmo.
Il disco finisce con la sensazione che sia successo di tutto in meno di un quarto d’ora.
Sarebbe ingiusto definire Shy Guys, Malmo Days un disco maturo, soprattutto per un gruppo di ragazzi che non ha mai cercato di trovare una forma di maturità, e che dei dubbi e dell’incertezza ha sempre fatto il proprio punto di forza. “This is the sign that we never wanted to learn: to attempt something pure, is it necessary to feel so insecure?” si chiedono ad un certo punto in French Fries. E forse la loro maturità consiste proprio in questo: nel cercare di dare voce alle proprie incertezze in maniera consapevole, meno impulsiva e più ragionata. Lo ammettono loro stessi: “non è l’abum che cambierà le vostre vite, ma certamente cambierà le nostre”. Quel che è certo è che i Futbolìn si affermano come la realtà più interessante, innovativa e credibile dello screamo italiano.
76/100
(Gianpaolo Cherchi)