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Nel 2016 Guido Giorgi, già polistrumentista con gli ottimi Jennifer Gentle, pone le fondamenta per una nuova storia artistica, quella dei Beat Degeneration : scrive, suona e produce da solo “Dream Machine”, un caleidoscopio sonoro in chiave british dalle mille sfaccettature – dalle vibrazioni psichedeliche ai riverberi (dream) pop, dagli echi folk alle sbandate madchester.
In sede live comincia, però, a formarsi una band vera e propria, Giorgi si fa accompagnare durante i concerti da Manuel “Gerry” Gereon (batteria) e Piero Pecchi (basso).
Nasce uno spirito di gruppo, che porta alle registrazioni di un secondo capitolo discografico : “Searching for Some Heaven” (2018). Il titolo vuole essere una dichiarazione d’intenti: la ricerca di una piccola fetta di tranquillità suonando e scrivendo melodie pop solari e spensierate con i propri amici, lontano dalle distrazioni della realtà quotidiana.
Racconta Giorgi a varie webzine online, “Mi sento solo in questo mondo dove ognuno pensa alla propria vita sui social media, sento che ogni giorno stiamo perdendo di vista le cose importanti…penso che il significato di questo album sia che possiamo ancora costruire dei ricordi insieme. Penso che le persone si sentano incomplete alla fine, come capita a me, e immagino che ognuno stia ancora cercando un po’ di paradiso .”
E così i Beat Degeneration – adesso formati da Giorgi, Piero Pecchi e dal batterista Diego Dal Bon – si sono ritrovati sull’isola di Lussino (Lošinj) in Croazia per produrre il loro secondo album nella quiete più totale, disturbata in maniera piacevole dalle idee dei musicisti che hanno partecipato alla realizzazione del lavoro aiutando la band : Charles Rowell (componente degli americani Crocodiles) alla produzione e alle chitarre (elettrica, acustica, dodici corde), Riccardo Pecchi (organo), Liviano Mos (rhodes, organo hammond, piano e mellotron).
E dal clima positivo e sereno creatosi saltano fuori canzoni come “Feet in the Sand” : un breve lampo di bagliore estivo a suon di chitarre scintillanti e armonie vocali, che a tratti ricordano certi stilemi del power pop americano di fine anni settanta.
Ma c’è di più : i Beat Degeneration, oltre a saper maneggiare il formato canzone pop da due/tre minuti e via (“Jamie is Gone”, “Playing Rock’n’roll in the Dark”, “The Way you Smile”), si cimentano anche in divagazioni strumentali surf-psichedeliche (“Pool” e “Pappelallee”), in ballate al piano (“Painted On The Wall”), in riecheggiamenti sixties immersi negli anni novanta (“I love you Sweetly”). Sempre, però, con la mentalità e attitutine da band guitar pop che si vuole divertire.
(Monica Mazzoli)