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La Sicilia è, tra le regioni d’Italia, sicuramente quella su cui si è detto e scritto di più. Sicilia “bedda”, terra paradisiaca dal mare cristallino, regione italiana dall’offerta gastronomica variegata per eccellenza, perfetto setting per foto su Instagram e video in cui si sente il rumore del mare; ma anche Sicilia terra delle contraddizioni, della criminalità organizzata, dell’abusivismo edilizio e della trascuratezza. Per il quinto anno consecutivo, nella costa sud-orientale di questa terra dai mille volti, è stato organizzato l’Ortigia Sound System Festival.
Il concept del festival per quest’anno si ispira alla Festa dei Giudei di San Fratello. In questo piccolo paese dei Nebrodi, durante le celebrazioni liturgiche della Settimana Santa, i “Giudei”, vestiti del loro costume tipico, disturbano le preghiere con trombe e catene, contaminando il sacro con la profanità dei loro suoni. Durante il quarto giorno di OSS, i Giudei hanno sfilato per le vie di Ortigia disturbando la quiete dei turisti in visita nel centro storico.
Giudei, potremmo dire, sono anche gli organizzatori stessi, portatori di suoni da ogni parte del mondo in una città che, ancorata al passato, fa fatica ad accettare la novità: soprattutto quando questa si presenta sotto forma di serate musicali che rischiano di disturbare la quiete degli abitanti del centro storico. Negli scorsi anni, più di una volta il festival è stato criticato, soprattutto quando ha proposto eventi in piazze pubbliche. I siracusani hanno risposto partecipando sempre di più al festival, consacrandolo definitivamente in questa edizione con una presenza mai vista prima.
Questioni condominiali a parte, OSS per il 2018 ha presentato un viaggio sonoro che ha come punto di partenza e di arrivo l’ Italia, portandoci in giro per il mondo nel frattempo. Il mercoledì sera infatti, aprono gli Stump Valley, duo torinese; la domenica sera, chiudono il festival i rappresentanti del Napoli Sound Mystic Jungle, Filippo Zenna e Nu Guinea. Tutto quello che accade nel frattempo è un vagare fatto di suoni e culture completamente diverse, legate a doppio filo dall’idea di unire passato e futuro per creare qualcosa di nuovo: Kamaal Williams e il suo nu-jazz ultraritmico, Nathy Peluso e la sua personale interpretazione della musica tipica argentina (giovedì sera); il maestro del reggae Lee Scratch Perry e il nuovo volto sotto forma di Megamix degli Hot Chip (venerdì sera); il viaggio techno in Marocco di James Holden e i suoi Animal Spirits, subito prima della rivisitazione elettronica della dabka di Omar Souleyman (sabato sera).
Non è finita qui, ovviamente: il venerdì Erlend Øye ha regalato uno spettacolare concerto al tramonto del Castello Maniace, la vecchia roccaforte difensiva siracusana, mentre ogni giorno due boat party hanno portato i dj set ad un altro livello, regalando un’esperienza unica a chiunque abbia avuto la fortuna di salire sulle barche turistiche del festival.
Partecipare ad un festival come OSS non è paragonabile a una qualsiasi delle altre esperienze di questo tipo che si possono fare in giro per l’Italia, complici anche i posti in cui gli artisti si trovano a suonare: che sia su una barca a largo della costa siracusana o nella piazza d’armi del Castello Maniace, con il mare notturno che luccica sullo sfondo, c’è da restare a bocca aperta per l’impressionante bellezza che circonda la musica di OSS.
Nella sua pagina Facebook il festival dichiara di vendere felicità: dopo aver trascorso la settimana ad OSS non possiamo fare altro che confermare tutto. Eravamo già stati l’anno scorso al festival, torneremo il prossimo anno e auguriamo a OSS di andare avanti finché ne avrà voglia. Noi ci saremo sicuramente.
(Matteo Bordone)