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In un’afosa domenica di mezza estate la Rocca Malatestiana di Cesena ospita il secondo concerto in terra italica dei Public Image Ltd, a chiudere una settimana di rock ad alto voltaggio inaugurata dai californiani Black Rebel Motorcycle Club: come sempre una garanzia l’organizzazione a firma Acieloaperto, che ha portato nomi di rilievo in apertura a John Lydon e soci, oltre alla presenza di mercatini vintage e di collezionismo musicale ad arricchire la già magnifica location.
Ben quattro infatti gli interventi nell’altro stage predisposto, iniziando da young locals come i Solaris, vincitori del contest “Youth Of Tomorrow” e autori di un rock energico che fonde influssi stoner alla new wave dei primi Litfiba. Segue l’esibizione di J.D. Hangover, robusto trio che suona un blues futuristico tra Suicide e Crime And The City Solution e che mi prometto di approfondire; per poi giungere al primo act d’oltreconfine, il quintetto mancuniano The Rainband. Convincenti in pezzi quali “New York” e “Out Of Sight”, dovrebbero cercare di smarcarsi dal brit-pop anni zero di Libertines e The Cribs e pure da certe tentazioni funk à la Incubus (“Heading South”) anche nell’interpretazione vocale di Martin Finnigan. In più la cover di “Paint It Black” e una ballad dedicata a Marco Simoncelli – “Rise Again” – che raccoglie gli applausi del pubblico ormai numeroso.
Paragrafo a sè merita il set del buon Pietro Alessandro Alosi, metà de Il Pan Del Diavolo ma ultimamente accompagnato sul palco dal batterista Massimo Palmirotta, Ugo Cappadonia al basso e Luca Di Blasi alla chitarra solista. Quaranta minuti non esenti da sorprese per chi conosce il cantautore palermitano, che in questa versione lascia da una parte il folk della band madre (eccetto per “Folkrockaboom”) a favore di un rock rumoroso ma viscerale e dai testi profondi, con inediti di spessore come “666” e “Hotel”. “Siamo qui per onorare il rock e un mito come Johnny Rotten”, afferma Alosi: forse penalizzato dall’orario a ridosso del live principale dà comunque tutto sè stesso, a riprova del talento di musicista oltre che di ottimo autore nella scena indipendente odierna.
22.30, è il momento dei PIL. Le rullate di Bruce Smith introducono “Warrior”, dall’album “9”, uscito in piena esplosione Madchester/Acid House. Il batterista non è l’unico tratto in comune con i bristoliani The Pop Group – anche Lydon ha con sè un leggio, seppur dimostrandosi un leader meno tarantolato di Mark Stewart. Le interpretazioni del londinese classe ’56 sono essenziali, drammatiche (“Corporate”) con l’immortale rabbia punk che fa capolino solo in “Public Image”, proposta nei bis: è il caos organizzato di una band di fantastici musicisti, guidati dall’estro del chitarrista Lu Edmonds, ad emergere nel concerto. Sonorità che valicano i confini del rock abbracciando la psichedelia al rallentatore di “The One”, o la mutant disco di “Memories”, senza dimenticare chiaramente i pezzi forti all’orecchio degli spettatori, in questa occasione fan di ogni età, “Rise” e “This Is Not A Love Song” (il bassista Scott Firth nei chorus dà una mano a Lydon).
Al di là del gradito ripescaggio di “Open Up”, collaborazione del 1993 di John Lydon e i Leftfield, basterebbe la sola “Flowers Of Romance” a testimoniare l’importanza di questa band e della nostra presenza stasera, una tesi di avanguardia pop che stupisce ancora dopo quarant’anni.
“What The World Needs Now Is Another Fuck Off” da “Shoom” è l’annuncio di chiusura delle danze, per una rivoluzione che nel cuore di John Lydon non è mai finita.
La scaletta dei PIL a Cesena:
(Matteo Maioli)
foto in alto di Chiara Viola Donati