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Ruvido, acido, rephlexiano. Richard David James torna con cinque tracce che fanno sfoggio del repertorio di una carriera intera. È quello di “Selected Ambient Works 85-92”, album che ha fatto scuola e che non tornerà mai più; quello della serie “Analord”, un turbine di virate da un genere elettronico all’altro; quello dei tanti più o meno misteriosi pseudonimi, che ha masticato tutto, dalla
techno alla drum’n’bass, per rendere indietro sempre qualcosa di strettamente personale.
E personale è anche il suono che esce da “Collapse EP”, una babele in cui convivono ambient, IDM, drill’n’bass e dubstep.“T 69 collapse” è un viaggio: parte con un dolce incedere, cresce intrecciando morbide battute erotonde tessiture sonore per agonizzare a metà del percorso e trovare, nella seconda parte, di nuovoordine e vigore. “MT1 t29r2” è una tempesta di meteoriti che sembrano piovere direttamente dalla compilation “Classics”. Sono nitidi i ricordi dubstep sull’asse Rephlex-Planet Mu negli oltre sei minuti di “”abundance10edit[2 R8’s, FZ20m & a 909]”: un ibrido che suona familiare, in cui sereni orizzonti ambient convivono alla perfezione con trame e strutture ritmiche complesse. Il mood dubstep forgia anche “1st 44”, facendone qualcosa di molto vicino a un inno della Londra
sotterranea di dieci anni fa.Sono assalti di braindance, invece, quelli che si moltiplicano in “pthex”, magma che scorre e suona come qualcosa di fine ’90.
Se a tratti la sensazione è di piombare nel caos, in realtà tutto è sotto controllo e calcolato al millimetro. Un lavoro ricco di spunti e influenze, non adatto, però, all’ascoltatore poco paziente.
La mano in ogni caso c’è ed è, come sempre, inconfondibile.
75/100