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Quarto appuntamento del 2018 con la nostra rubrica curata dai ragazzi di Knick Knack, Ludovico Esposito e Luca Palazzo. Questi i lavori da non perdere degli ultimi due mesi di musica elettronica.
Gaika, “Basic Volume” (Warp Records)
Non sapevo cosa aspettarmi prima di assistere al live di Gaika, ma è indubbio che dal vivo riesce a trasmettere un qualcosa di importante. Era stato invitato a esibirsi dal CTM al Funkhaus a Berlino in una stanza buia, fumosa. Le installazioni led a tre metri di altezza, emanavano velocemente flash di luce bianca in sincro con la musica, v’erano volutamente pochi partecipanti – l’evento era a capienza limitata. In questo contesto sinistro, Gaika si è posiziona al centro della sala – contrariamente agli altri artisti che hanno invece suonato defilati – circondato da schermi rettangolari montati appositamente. I collage di elettronica viscerale, un canto ipnotico e cupo, visuals con scarne immagini di guerra e criminalità, hanno reso il messaggio dell’artista ben comprensibile. Per un MC inglese col la cultura del soundsystem e un dichiarato interesse nella musica caraibica, reggae e grime, non era scontato acquisire uno stampo di produzione sperimentale tra RNB-narcotino e post-grime. Questo album, rilasciato dalla ormai fedele Warp Records, è decisamente più morbido di quel che è stato quel live e le sue precedenti uscite discografiche, si muove in una direzione più accessibile e strizza l’occhiolino al sound dancehall. Solo pochi brani ricordano le atmosfere incattivite per cui si è contraddistinto. Un esordio senza lode e senza peccato, da premiare per l’evoluzione di un sound, il suo, che già prima di questo album aveva grande impatto, su vinile e dal vivo.
Gunter Schickert, “Labyrinth” (Marmo Music)
E’ proprio il titolo dell’album il primo attributo del lavoro e dell’artista su cui riflettere. Labirinto è un termine che si può scorciare in molti degli ibridi sonori cosmici a cui ci ha abituato Gunter Schickert – il multistrumentista tedesco in attività da quarant’anni – che presenta il suo settimo album su Marmo Music, etichetta di stanza a Berlino. Dunque benvenuti nel paese delle meraviglie (psichedeliche). I primi quattro brani sul lato A sono ostati originariamente rilasciati nel 2012 su VCO Recordings, label di Pittsburgh, e qui ristampati, a detta della label, per la loro “ricchezza emozionale intrisa”. Man mano che ascolterete, coglierete un pathos etereo e progressivo invadervi, persuadendovi. I brani sul lato B sono invece stati prodotti dal 2007 ad oggi; evidenti field recordings di ambientazioni naturali o conversazioni di vita prendono il sopravvento, poi sovrastati o arricchiti con astrazioni di elettronica, chitarra e altri strumenti. Ogni lato del disco cambia pelle, ma il lavoro rimane spirituale e spiritico.
Soothsayers, “Tradition” (Wah Wah 45s)
Le influenze reggae, dub e soul e l’attivismo sociale e politico – presente soprattutto nei testi dei brani – contraddistingue ‘Tradition’, il settimo album della band di Brixton Soothsayers, recentemente uscito per la solare label londinese Wah Wah 45s. In questi tempi bui e di cambiamenti micro e macro, questo album scava in una dimensione quasi accantonata dai più, quasi utopica: quella dell’ottimismo e dell’allegria incondizionata. Nonostante tutto, nonostante i media mainstream, la politica e i governi odierni. Tra tanti featuring presenti nel disco – Dele Sosimi su tutti – c’è un minimo comun denominatore: una collettiva, calda e “spensierata” linea di celebrazione dell’autenticità dell’essere umano e dell’arte della musica. Ritorno alle origini? Non proprio: se il messaggio e le modalità di diffusione rimangono fedeli al passato, è anche vero che sono strettamente interconnesse alla delicata era contemporanea.
Susumu Yokota, “Acid Mt. Fuji” (Midgar Records)
Album essenziale per gli amanti dell’elettronica/techno elegante e della musica giapponese sperimentale, e ristampa ancora più essenziale per coloro che desideravano questo disco da anni e non lo avevano ancora reperire. Nonostante non sia da troppi anni sulla scena, è la Midgar Records a dare nuovamente alla luce un album di questo calibro, e non deve sorprendere data la loro coerenza e qualità sonora mostrata in tutte le precedenti uscite. Questa piccola grande gemma di ambient e acid techno mistica e trascendente è intrisa di storie e percorsi musicali differenti. L’artista giapponese – riconsciuto per un album ambient a inizi degli anni 2000 – ne ha combinate tante, tra produzioni oscillanti tra house, jazz e techno, e performance memorabili come quella alla Love Parade nel 1994 – lo stesso anno in cui questo album fu stampato per la prima volta. Mancato nel 2015, l’artista lascia una discografia preziosissima. Uno degli album meno conosciuti e più validi prodotti dalla leggenda giapponese, oggi diventa finalmente disponibile; purtroppo il formato in vinile è già sold out, ma almeno ci si può accontentare del digitale.
Khalab, “Black Noise 2084” (On The Corner)
A mio avviso è già uno degli album migliori di questa annata. Khalab debutta esibendo un sound pazzescamente distintivo, nuovo, futuristico e capace di abbracciare field recordings, afrojazz e elettronica. L’album è stato prodotto utilizzando i sample della Royal Museum for Central Africa a Bruxelles, un luogo dove toccare con mano le testimonianze di oppressione e sogni infranti di un popolo, che tornano ad risultare sensibili all’opinione pubblica grazie a progetti musicali-narrativi come “Black Noise 2084”. Un riot sonoro ritmicamente asfissiante, pattern vorticosi e a tratti terrificanti, creati da un gruppo di eccezionali musicisti – da Tommaso Cappellato a Shabaka Hutchins – uniti in nome dell’Africa nera. Caos collettivo, dalle nobili intenzioni.
Kompozyt & Lee “Scratch” Perry, “Hidden Force” (Trees Will Remain)
Kompozyt è un duo di fratelli nati in Polonia e ora residenti a Londra; forse avranno attirato la vostra attenzione con la Trees Will Remain Recordings, etichetta fortemente influenzata dalla natura e dalla convinzione che l’essere umano debba preservarla. L’uscita in questione è il 7” singolo del loro album ‘Synchronicity’. I due brani si avvolgono di un ammaliante velo di misterio, che il duo ricrea tramite improvvisazioni di sottofondo ambient-dub, il featuring di una tromba suonata dal musicista Olgierd Dokalski e la poesia lenta e fascinosa della leggenda Lee “Scratch” Perry.
Paul Frick, “Second Yard Botanicals” (Apollo Records)
Conosciuto da molti come uno dei tre componenti Brandt Brauer Frick, Paul Frick rilascia finalmente il suo album di debutto in solo per la Apollo Records. Il compositore berlinese Anche se aveva pubblicato una manciata di EP negli ultimi anni e anche se ha esperienza ventennale, “Second Yard Botanicals” è il suo primo full length a cui tra l’altro lavorava dal 2009. Il risultato è superlativo, ne è valsa la pena attendere. Seppur quindi a lenta cottura, ha preparato un saporitissimo, abbondante minestrone sonico; ha infatti assortito una vasta gamma di strumenti, conditi con registrazioni di ambientazione a crudo e break break spezzati. Un piatto unico completo e intriso di eclettismo, influenze classiche e il suo passato hip-hop, intrecciato con fragili melodie che attingono dalla poesia, “the poetry of everyday life”, come lui stesso la definisce.