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Come un fulmine a ciel sereno, e nemmeno a troppa distanza dal loro fortunato secondo album “Are You Alone?”, i Majical Cloudz decisero di sciogliersi. Il duo canadese formato da Devon Welsh e Matthew Otto aveva fino a lì dimostrato di rappresentare davvero qualcosa di autentico: liriche dal fortissimo impatto emotivo costruite su leggere impalcature di pattern elettronici caldi. Lacrime dolci, tragedie morbide, tristezze meravigliose: ossimori ad alta intensità, che Devon Welsh continua ad interpretare in maniera sublime anche nel suo debutto solista “Dream Songs”.
L’assenza dell’altra nuvola magica Matthew Otto si rende subito evidente, già a partire dalla opening-track “By The Daylight”: l’elettronica eterea ha lasciato il posto ad arrangiamenti più organici e dal sapore più caldo. È infatti un pizzicato di archi che ricorda molto alcune cose di David Byrne solista a dettare il nuovo cammino nel percorso di Welsh: quello che non cambia e che anzi sembra trarre giovamento delle novità sonore è la dimestichezza con cui l’artista canadese riesce a costruire climax emotivi, grazie ad una scrittura mai banale. Uno dei passaggi chiave del disco è proprio qui, all’inizio: “I am a body stuck in a story. Things more powerful than me control the actions in my life: so I dream” – una specie di introduzione, utile a farci capire il delicato equilibrio emotivo dell’album è sorretto da una dimensione onirica nella quale l’autore si muove con prudenza dell’esplorazione delle profonde cavità dei sentimenti umani.
I sogni non seguono processi di costruzione logici, ma accolgono con serenità e sorpresa una cosa e il suo contrario: succede proprio così in “Dream Songs”. Ancora una volta, è l’ossimoro la linfa dalla quale Welsh trova nutrimento e ispirazione. Dentro al disco si alternano – anzi, coesistono – episodi di insolubile tristezza e sorprendente positività, consolazione e devastazione, amore e solitudine. Piccoli capolavori a cui i Majical Cloudz ci avevano abituato, e che qui ritroviamo ridisegnati da Austin Tufts dei Braids in atmosfere più classiche e analogiche, grazie all’intrecciarsi di suoni di archi e delicate melodie al piano. È il caso di “Dreams Have Pushed You Around”, nella quale l’educato procedere del cantato viene abbracciato da composizioni avvolgenti di viola e piano, prima di concludersi con un finale che spezza il cuore, nel quale Welsh fa i conti con quello che manca: “I need love in my life”. Anche in “Comedian” si concentrano molti tratti distintivi dell’album, quasi a cristallizzarne gli elementi costitutivi: c’è ancora il suono della viola caldo e rassicurante e c’è l’ossimoro nel testo, che racconta di un commediante che sul punto di morte chiede a Dio di fargli vivere un’altra vita, una vita autentica, lui che ha sempre speso il tempo ad essere qualcun altro.
Ogni canzone che compone l’album si può prestare a questo tipo di analisi scrupolosa, ma forse non ha senso perdere tempo prezioso: “Dream Songs” è prima di tutto un disco di cui godere nella sua interezza, capace com’è di stringere lo stomaco e far battere il cuore. Invece che stare a studiare i pezzi in maniera analitica, meglio viverli per la pacca di emozioni che sono in grado di farci vivere. “Chances” e “I’ll be your ladder” sono senza dubbio i momenti in cui Welsh riesce a tirare fuori davvero il meglio di sé, forse come mai prima d’ora – nemmeno con i Majical Cloudz: due pezzi ispirati, commoventi, disillusi, devastanti. Due capolavori, che segnano la meta del cammino personale di Devon Welsh: da “Are You Alone?” a “Dream Songs”, dal racconto dell’insicurezza alla celebrazione di una disillusa e serena solitudine.
80/100
(Enrico Stradi)