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Sinceramente non pensavo che avrei scritto di questo disco e forse neppure che lo avrei ascoltato, però abbiamo parlato molto qui su Kalporz del trentennale della Sub Pop Records e alla fine tra le varie ricorrenze e qualche ripescaggio, poi ho pensato che in fondo fosse più interessante andarsi ad ascoltare questo ultimo LP dei Low e che pure ha una valenza significativa specificamente per il trio formato da Alan Sparhawk e Mimi Parker (affiancati dal 2008 al basso da Steve Garrington), dato che con il 2018 ricorrono anche i 25 anni di attività della band.
In uscita il prossimo 14 settembre, “Double Negative” è stato prodotto dal solito BJ Burton e registrato agli April Base Studios di Justin Vernon nel Wisconsin. Anticipato da tre brani (“Quorum”, “Dancing And Blood”, “Fly”) il disco è stato presentato dal trio come quello più irriverente e fuori le righe della loro intera produzione. Una produzione che, va detto, è vasta e comprensiva di una serie di album che dalla metà degli anni novanta e fino a “Drums And Guns” è stata di livello assoluto. Se poi “C’mon” e “The Invisible Way” pure si confermavano su buoni livelli, va detto che questo decennio con “Ones And Sixes” (2015) chiamava Sparhawk e Parker a rivedere la loro formula e proporsi se non in una nuova veste, almeno con una nuova freschezza a quella che oramai è una audience sicuramente non più di nicchia.
I tre anni di pausa, intercorsi da allora fino ad oggi sono stati a parte che molto movimentati (la band non ha smesso di suonare in giro), evidentemente anche un periodo di riflessione e che ha portato a un totale rinnovamento della formula compositiva adottata dal trio. È chiaro che la sensibilità del gruppo, così come l’attitudine indie rock, restano immutate: non è possibile infatti snaturare se stessi (vedi “Dancing and Fire”. Costruito di base su un uso ora minimale ora più estensivo del suono dei sintetizzatori e delle tastiere (“Tempest”, “Poor Sucker”…), “Double Negative” è come se fosse un disco dei Low suonato al contrario e del resto l’utilizzo di loop, effettistica reverse (“Quorum”, “Dancing And Blood”, “Rome (Always In The Dark)”, “Disarray”) come quello di eco suggestive (“Always Up”) e vocoder (“Always Trying To Work It Out”) va propriamente in questa direzione. Si potrebbe effettivamente anche parlare di “glitch” oppure di quella vocazione neo-soul sintetica minimalista inaugurata con i primi successi di James Blake all’inizio del decennio, ma queste due componenti qui non sono dominanti, ma strumenti messi al servizio di un gruppo che sa scrivere canzoni e che qui si lancia senza paura in un disco particolare senza paura di commettere errori né sbavature. Riuscendoci.
73/100
(Emiliano D’Aniello)