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Fotogramma estrapolato dal promo video di “The Concept”
Anche le storie più belle hanno un fine : solo un mese fa, il 20 agosto 2018, Gerard Love lasciava i Teenage Fanclub. E sebbene gli scozzesi, tra i nomi più significativi della scena (power)pop anni novanta (e non solo), continuino ad esistere come band, la narrazione pop – il songwriting delle tre menti (e voce) del gruppo, Love, Blake e McGinley – è giunta, molto probabilmente, ai titoli di coda. Rivivrà, però, nel tour britannico Songs from Teenage Fanclub The Creation Record Years di ottobre e novembre 2018, nato come emanazione della pubblicazione – a fine agosto – delle ristampe dei dischi “creation” (fatta eccezione per “Howdy!”) della formazione.
Nei concerti autunnali troveranno spazio i classici della band. Non mancherà – si spera – un brano come “The Concept”, tra le canzoni simbolo dello scacco matto pop al grunge : nel 1991, in pieno “seattle sound”, con il loro secondo album in studio, “Bandwagonesque”, i Teenage Fanclub coniugano le chitarre deflagranti dell’american indie (Dinosaur Jr., Sonic Youth) con la tradizione pop chitarristica degli anni settanta (The Raspberries, Badfinger). E conquistano la stampa americana, ottenendo anche un contratto discografico con la Geffen e finendo al primo posto nella classifica “album dell’anno” della rivista Spin, davanti a dischi come “Nevermind” dei Nirvana ed “Out of Time” dei R.E.M. .
dal numero di Spin, dicembre 1991
“The Concept”, traccia di apertura del disco, è un dichiarazione d’intenti : una canzone, che insieme a “Metal Baby”, ironizza sugli eccessi deliranti dei fan/groupie delle rock star anni settanta, “il loro nuovo LP, Bandwagonesque gioca ironicamente con l’idea di divismo rock. Canzoni come ‘The Concept’ and ‘Metal Baby’ parlano di fan irriducibili e groupie” racconta Simon Reynolds nell’articolo, “Teenage Fanclub: The Glitz And The Grunge”, sul numero del primo dicembre 1991 del periodico britannico The Observer.
La protagonista – la terza persona è femminile – di “The Concept” non esiste nella realtà : Norman Blake per la scrittura del testo non si è ispirato a una persona reale, “penso di essermela inventata venti minuti prima di registrare la canzone. […] Avevo questa immagine di una persona…e adoravo l’idea di mettere il nome “Status Quo” in una canzone, il nome di quella band. Credo di aver avuto il primo verso e che poi abbia suggerito il resto”, dichiara Blake in un’intervista per il trentennale di Bandwagonesque a Spin nel 2015.
Non è quindi difficile immaginare tra le righe il ritratto di una ragazza che – mattamente e disperamente – va in giro per concerti e negozi di dischi, alla ricerca dei propri idoli (musicisti).
“She wears denim wherever she goes
Says she’s gonna get some records by the Status Quo
Oh yeah…Oh yeah…”
(tradotto:
“Indossa jeans denim dovunque vada
Dice che andrà a comprare dei dischi degli Status Quo
Oh yeah…Oh yeah…”)
o ancora,
“When she’s at the gig she takes her car
And she drive us home if there isn’t a bar
Oh yeah…Oh yeah…”
(tradotto :
“Quando è ad un concerto prende la sua macchina
e ci accompagna a casa se non c’è un bar
Oh yeah…Oh yeah…”)
E, quindi, mentre il testo è volutamente scherzoso e naive, la musica del gruppo, come mai prima, diventa “classica” : si avvicina ai canoni melodici delle armonie pop della tradizione inglese e americana anni sessanta e settanta. E la stampa specializzata tira fuori il paragone con i Big Star,
all’epoca Steve Sutherland sul New Musical Express scrive, “Bandwagonesque suona come se Radio City dei Big Star fosse inserito in un computer programmato per farne un facsimile il più vicino possibile senza causare problemi di copyright”.
In verità i Teenage Fanclub di allora sembra fossero immersi totalmente nell’ascolto di “Exile On Main Street” dei Rolling Stones, “per quanto ci possano piacere i Big Star, Exile On Main Street ha avuto inizialmente un’influenza più grande su di noi. L’abbiamo ascoltato un sacco di volte […]. ” ricorda Blake nella retrospettiva, “Teenage Fanclub : Ragged Glory” (Uncut, aprile 2003).
Ma, a parte questo qui pro quo su “chi l’abbia influenzati”, su brani come “The Concept” si sente la mano del produttore Don Fleming, che fa venire fuori l’anima pop della band, “l’abbiamo registrato a Liverpool con Don Fleming che ci ha incoraggiato a cantare. Apprezza particolarmente i Beatles e le armonie musicali, e ci aiutò a farci uscire dal nostro guscio in termini di parti vocali”, afferma Blake nell’articolo “Teenage Fanclub: Love In A Cold Climate” (Mojo, luglio 2005).
Nasce una “vera band”, citando (questa volta) le parole di Raymond McGinley : tutti suonano, cantano e scrivono canzoni.
(Monica Mazzoli)