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“Abysskiss” è un grido che si srotola su campi, esistenziali, desolati. Il primo album da solista della leader dei Big Thief non è una rivelazione, ma una naturale prosecuzione del bellissimo storytelling della sua band.
Questo è ciò che evoca il delicato modo di fare rivoluzione della Lenker: il disco è un sussurro sibilante con un sound dosato al centimetro, che ci lascia in un costante limbo tra noi, la musica e l’universo.
Il dolore è il suo modo di essere presentato, anche se con temi e caratteristiche profondamente diverse, ricorda quello di “A Crow Looked at Me” di Mount Eerie. Ogni singola frase è un epitaffio dell’attimo precedente, la singolare capacità di cogliere il tempo per quello che è: una gigantesca macchina che divide l’amore, la morte, le gioie e i dolori.
“Abysskiss” è una condizione esistenziale, non c’è spazio a sovrastrutture deliranti, l’unico pensiero opprimente è quello di convivere con se stessi. Sospiri e chitarra, il reagire delle corde ai soffi di voce di brani come “Symbol” o “Womb” è l’espressione di come uno strumento entri in simbiosi con la struttura di un pezzo e con l’espressione di un’artista. Una sola chitarra elettrica è stata usata nel disco, ma questo non è un disclaimer, piuttosto un avvertimento per comprendere che tipo di intimità c’è al suo interno. Un’intimità, un universo sonoro, musicale e interpretativo che appre molto vicino, in alcuni tratti, a quello di Joni Mitchell.
C’è anche l’interessante skill di rendere ogni canzone un gioco di ruolo in cui entrano personaggi e situazioni diverse che interagiscono in modo sintetico, ermetico e puntuale.
La parola “potere” per l’Oxford Dictionary è legata alla: “Capacità, abilità di dirigere o influenzare il comportamento degli altri o il corso degli eventi”. La Lenker dimostra pienamento questa capacità di essere influente facendoci rimanere fermi, in stasi, immobili.
C’è bellissimo testo uscito proprio questa settimana su Guernica che dice: “La cicatrice è una menzione d’onore“: mi pare calzi a pennello. “Abysskiss” è un disco scritto apposta per lasciarci menzioni d’onore sulla pelle, nei pensieri, ovunque.
83/100
(Gianluigi Marsibilio)