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Sono in due, vengono da Torino e con l’EP “To Feel You”, uscito sulla label francese Lotus Vision, hanno sorpreso addetti ai lavori e appassionati per un promettente equilibrio tra allucinazioni ambientali sintetiche, ricerca elettronica e levigato avant-pop dal respiro molto contemporaneo assimilabile alle atmosfere eteree care a Mount Kimbie, James Blake e ai classici di Ninja June. I Palindrome sono Alessandro Maccarrone e Paolo Peyron e l’EP è il risultato del lavoro di due anni, attorno al concept del doppio, del biunivoco: “due versi di lettura, un’unica risposta, uno specchio, dove l’ascolto può portare il pubblico a diverse interpretazioni senza dimenticare la chiave originale”.
Com’è nato il progetto? Da dove venite musicalmente? Come siete entrati in contatto con Lotus Vision?
1) Ci siamo incontrati nel 2012, venivamo entrambi da influenze musicali diverse. In principio producevamo tracce di stampo lo-fi e happy beats, ricevendo anche un discreto successo su Soundcloud e canali Youtube che proponevano brani di facile ascolto (per poi finire addirittura come soundtrack su video di giapponesi che raccontano la vita con i loro gatti). Suonavamo in basement sudici e rilasciavamo una traccia al mese: è stato un periodo a cui siamo particolarmente affezionati, ma avevamo bisogno di evolverci, di giocare con nuovi stimoli che ci appartenessero maggiormente musicalmente parlando. Ci siamo presi 2 anni e mezzo dove abbiam messo mano infinite volte sui brani in lavorazione, e il risultato è il nostro primo EP sulla francese Lotus Vision. Conoscevamo già il fondatore dell’etichetta da tempi immemori dove la rete di produttori era più “gentile e umile”. Da quel momento abbiam sentito con frequenza Tom (3 roses, autore musicale e graphic designer, nonché autore del concept visivo dell’EP); continui feedback, scambi di dischi e filosofie. Dopo due bozze ci aveva già proposto l’uscita dell’EP, ma noi abbiamo aspettato di rifinirlo ossessivamente e a luglio finalmente ha visto la luce.
Parlate del tema del palindromo e del biunivoco per descrivere il vostro concept. Dovendolo spiegare in termini concretamente musicali e compositivi, che parole usereste?
È come se componessimo e ascoltassimo la traccia due volte con due menti diverse; Se durante una giornata di quiete o di serenità con noi stessi abbiamo lavorato sopra un brano sentiamo la necessità di lavorarci un’ulteriore volta con l’opposto dei sentimenti, nostalgici e magari durante una giornata buia. Ci aiuta a inserire chiavi di lettura uguali e contrarie, sia per esprimere i nostri messaggi e liberarci, sia per dare a chi ci ascolta interpretazioni diverse. Siamo stati attenti a mescolare tutti i nostri stati d’animo in ogni traccia in modo che si specchiassero sia nel brano stesso che nel disco, dai paesaggi sereni di Purity alle frane sonore in Ghost Doors. Cerchiamo di far attraversare il maggior numero di sensazioni uguali e contrarie. Sono molti gli elementi opposti che inseriamo; gli accordi di piano suonano spesso al contrario, apriamo diversi canali di voci con ottave opposte, la stessa dinamica dei brani si contrappone, da irrequieta puó diventare violenta, le linee dei suoni d’ambiente combattono contro gli arpeggi. È un’eterna lotta.
Ed ecco infine 7 brani, molto eterogenei e sorprendenti, che hanno ispirato la loro ricerca musicale.
Lorn, “Until There Is No End”
Scuro e malinconico, urli armonici e ambienti onirici. Lorn con i suoi dischi ha plasmato col tempo la nostra anima e le nostre orecchie. Questo brano ha fatto dono al processo creativo che ci ha portato alla conclusione del disco, è stata la fiamma che durante gli anni ha bruciato senza mai toglierci l’ossigeno, a partire dalle strutture delle voci per finire alla composizione di quella melodia che a 00:57 tocca corde profondissime.
James Blake, “Retrograde”
Inutile nasconderci. A modo nostro siamo tristi e romantici come James. Un giorno l’abbiamo ascoltata all’estenuazione mentre scrivevamo il singolo To Feel You. Dovevamo capirla a fondo, scavare nell’immagine sonora, ricevere impulsi. Ed eccola; un hook caldo, 4/4 lento e un climax palpitante. Semplice e complessa allo stesso tempo ma così fastidiosamente sontuosa.
PNL, “A L’Ammoniaque”
Non sapremmo come descrivervelo. Entrambi proviamo un amore smisurato verso questo progetto. Ci piacciono dal giorno 0, conosciamo qualsiasi traccia e video a memoria. Non ci vergogniamo a dire che siamo i loro fan (italiani) più accaniti. Insomma son stati sempre presenti e hanno riempito le pause sigaretta tra mix, registrazioni e rifiniture.
Shlohmo, “Slow Descent”
Una freccia che ha colpito, fermato e sgretolato il nostro cuore al primo ascolto. Dark Red è un album pericoloso, ha forgiato e amplificato il nostro approccio alla scrittura degli ambienti, delle basse frequenze e delle arie buie. Piani e chitarre dissonanti in costante evoluzione che quasi combattono tra loro. Slow Descent è il brano che più reincarna il nostro stato d’animo mentre siamo al lavoro.
Philip Glass, “Prophecies”
Koyaanisqatsi, brano d’apertura. Le mani di Glass sulle note di questa traccia sono tragiche e strazianti. Un movimento che stimola la mente e scandisce le nostre nature. La pellicola e i brani del nostro disco, seppur involontariamente, toccano temi comuni.
CLU, “MOOD2098”
Quel giorno che scoprimmo il progetto irlandese CLU trovammo la forza che aspettavamo da tempo per metterci in gioco. Prendemmo il microfono e cominciammo a giocare con le voci e le automazioni che più ci eccitavano. C’è tutto; esplosioni di ritmi, sonorità trance rivisitate con lo scopo di un adattamento pop contemporaneo ma soprattutto rimane umile nella realizzazione finale. Ogni volta che riascoltiamo MOOD2098 restiamo convinti che sia una traccia di una completezza disarmante.
Rustie, “Death Mountain”
Rustie è uno degli artisti più influenti del nuovo millennio. La matrice HD dei nostri brani e la sperimentazione sui pattern deriva dai suoi lavori in Glass Swords dove Death Mountain è l’emblema.
Le saturazioni e gli anni ‘90 racchiusi in un brano che risulta contemporaneo anche dopo 8 anni.