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Mille diverse concezioni della fine di un tour in un’unica serata: tutte le possibilità si incontrano, scontrano e infiammano all’OGR di Torino per i Baustelle.
Il live è una messa, siamo (quasi) nel giorno del Signore e Francesco Bianconi e co. raccontano in un “Amen” cosa sono dieci anni di un disco e tanti in più di Baustelle: l’idea che ormai il disco, riportato ieri sera sul palco, sia diventato un vero cult della musica italiana.
Il concerto è un soffio, un fluire di vita e morte, amore e violenza, un po’ come Torino.
L’assoluto, il particolare: ogni canzone è accompagnata da un ricordo, da una situazione o una fotografia, il riascolto di Amen è necessario tanto per il pubblico quanto per la band.
Il set, a differenza di quello che ha accompagnato il tour, è scarico di ogni sovrastruttura, solo uno schermo e delle semplici immagini addobbano le canzoni, che scivolano via una dopo l’altra: i brani sulla scaletta sono combinati in modo da creare continui interscambi alla voce tra Bianconi e Rachele.
Vedere un concerto così è come osservare un fiore dalle sue radici, senza preoccuparsi di osservarne i petali e i colori.
Possiamo vedere e capire meglio ogni sfumatura dei nuovi lavori rispolverando un disco come Amen, e quel tornare in una dimensione più ristretta e semplice è una riscoperta dei Baustelle.
Da “Alfredo” all’esecuzione della “ghost track” questo concerto once in a lifetime ci permette di riscoprire delle storie, delle canzoni facendoci vedere come il tempo le ha cambiate, rimodellate e ricostruite.
Penso che un concerto celebrativo possa essere interpretato in due modi: come una festa leggermente decadente (in senso assolutamente positivo) o come un modo per la band di riscoprire le vecchie storie, innovarle, cambiarle e offrire una nuova chiave di lettura. In questo concerto c’è la festa e anche l’esigenza di essere più duttili del tempo.
I Baustelle sono parte della storia, e a giudicare dal pubblico di ieri sera, questa storia è mastodontica e complessa: allora non resta altro che tornare ad ascoltare Amen, ma con un occhio al futuro e al presente perché: “il passato ha rotto il cazzo”, come ha ricordato Bianconi nei ringraziamenti finali.
Contro il tempo e lo spazio, in ogni modo, Charlie surfa ancora.